25.6 C
Roma
domenica, 8 Giugno, 2025
HomeAskanewsLa piazza pro-Gaza di Pd-M5S-Avs: siamo 300mila. "E’ l’Italia che non tace"

La piazza pro-Gaza di Pd-M5S-Avs: siamo 300mila. "E’ l’Italia che non tace"

Roma, 7 giu. (askanews) – “L’Italia che non tace” si è riunita a Roma sotto il ‘cappello’ della manifestazione organizzata da Pd-M5S-Avs per pretendere lo stop del “massacro a Gaza”. “Siamo oltre 300mila, una folla oceanica”, hanno esultato i leader che si sono scagliati contro le “complicità e le ipocrisie del governo Meloni” che, insieme agli “Stati Uniti di Trump”, sostiene i “crimini di Netanyahu”: “come fanno a dormire la notte?”, l’affondo. Dalla segretaria dem Elly Schlein, il presidente Cinque Stelle Giuseppe Conte e Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e sinistra è arrivato, forte, anche un appello all’unità delle opposizioni, accolto dai presenti con il grido: “unità, unità, unità”.

“Noi restiamo testardamente unitari, anche le ultime amministrative hanno dimostrato che uniti si vince”, dirà Schlein. “A noi piace mescolare le bandiere per una giusta causa”, ha esordito Conte. Due le note finali: quella suonata dalla tromba di Paolo Fresu che incanta con ‘Bella ciao’ e poi i quattro leader, abbracciati, che hanno invitato ad andare “tutti” a “votare” ai referendum.

“Come dice l’Onu, è in corso nell’escalation di Gaza una vera e propria pulizia etnica. Non lo dobbiamo accettare, dobbiamo alzare la nostra voce”, ha affermato Schlein elencando le ragioni della protesta (riconoscimento dello Stato di Palestina, cessate il fuoco immediato, liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, aiuti umanitari per la popolazione palestinese, sanzioni al governo di estrema destra di Israele, embargo totale di armi, la fine delle occupazioni illegali e delle violenze dei coloni in Cisgiordania). “Questa è una piazza unita, inclusiva, aperta”, ha aggiunto.

La parola “genocidio” viene pronunciata più volte da Conte, Fratoianni e Bonelli. “Oggi sono in piazza gli italiani che non accettano il balbettio” di un governo che è una “vergogna nazionale “con la sua complicità. Non si chiama antisemitismo si chiama umanità”, ha detto Conte rivendicando la netta condanna del 7 ottobre.

“Io dico a Matteo Salvini che è andato a Tel Aviv a stringere le mani sporche di sangue di Netanyahu: sei la vergogna di Italia”, ha urlato Bonelli commuovendosi al ricordo di un bimbo di sei anni palestinese mutilato di una gamba. E Fratoianni: “Tante volte ho ascoltato qualcuno che diceva che le emozioni non sono categorie della politica. Non sono d’accordo. Le emozioni sono una straordinaria leva che trasforma il mondo. In questa piazza c’è l’emozione dell’indignazione, un’Italia che non si lascia trascinare nella menzogna da un governo codardo e ipocrita, che è incapace in questi 600 giorni di pronunciare una parola di verità. Un’Italia che ha tenuto la schiena dritta, che ha messo una bandiera palestinese alla finestra, questa Italia restituisce dignità”.

Numerose le bandiere dei tre partiti che hanno messo in campo le loro energie con pullman da tutto il Paese, tante quelle della pace e della Palestina. Tante kefiah al collo. Cartelli e slogan: “Fuori i sionisti dal Pd”, “I bambini devono inseguire i propri sogni non scappare dalle bombe” e “Cari giornalisti, non è una guerra ma un genocidio”. Un’immagine ritrae Netanyahu che si bacia con Hitler. Un corteo partecipato, da piazza Vittorio lungo via Emanuele Filiberto con migliaia di persone di tutte le età, diverse associazioni della società civile, l’Anpi, esponenti della comunità palestinese. Folta la pattuglia dei parlamentari dei tre partiti. I dem sono tantissimi (dal governatore De Luca al sindaco di Roma, oltre ai capigruppo Boccia e Braga. Ci sono anche i riformisti, da Lorenzo Guerini a Stefano Bonaccini). Cinquanta i parlamentari M5S più i gruppi territoriali. Schierato quasi al completo Avs.

Sui numeri la Questura di Roma non si è sbilanciata ma ha confermato la partecipazione rilevando la “saturazione degli spazi disponibili” in piazza San Giovanni dove era stato allestito il palco per gli interventi e l’assenza di “criticità sul profilo dell’ordine pubblico”.

Toccanti le testimonianze dal palco del giornalista palestinese Abubaker Abed (“fare il giornalista a Gaza è una sentenza di condanna a morte”, ha detto in un video collegamento raccontando di aver subito minacce dall’esercito israeliano che lo ha accusato di essere un membro di Hamas e costretto a scappare, “benché non abbia mai preso un’arma in mano”) e del giovane israeliano che ha rifiutato il servizio militare Iddo Elam arrivato da Tel Aviv.