[…] esistono almeno dieci buoni motivi per cui il blitz ucraino in territorio nemico costituisca un fattore conveniente per Kyiv.
Anzitutto serve ad allentare la presa sui territori martoriati dell’obla-st’ di Sumy, travolti per mesi da centinaia di bombe plananti e colpi d’artiglieria tanto da doverne sfollare 23 insediamenti evacuando oltre 6mila civili. Senza quest’intervento, anche quell’area avrebbe presto fatto la fine della zona grigia contesa a Nord di Kharkiv.
In secondo luogo, con ogni probabilità quest’incursione preluderà ad altre ancor più massicce condotte – secondo lo stile di Syrskyj – su fronti anche molto distanti da quello settentrionale. Quello da cui scrivo potrebbe ad esempio riservare altrettanti eventi inaspettati che potrebbero aprire la strada a Kyiv verso una Crimea ormai sempre più indebolita e isolata.
Come sottolineato dallo stesso Presidente Zelenskyj, ogni elemento strappato ai russi aumenta inoltre il potere negoziale dell’Ucraina nell’ottica di futuri colloqui con Mosca. «La guerra è guerra» ci ricorda Podoliak «e chi aggredisce deve aspettarsi reazioni simmetriche».
Il fattore psicologico gioca poi un ruolo molto importante per un popolo e un esercito che da quasi due anni si trova a resistere traendo ben poche soddisfazioni da un fronte ormai in stallo perenne. L’offensiva in territorio russo costituisce un elemento di rottura rispetto alla strategia precedente in grado di dare nuova linfa a morale e aspettative ucraine.
Il quinto elemento importante è una conseguenza del fatto che quel territori russi che l’Ucraina ha occupato fossero sguarniti: la coperta è corta e giocoforza Putin sarà costretto ad allentare la presa sul vicino fronte orientale. I wagneriti richiamati dall’Africa non sono certamente abbastanza per far fronte alle tre brigate (da 2mila soldati ciascuna) che Kyiv ha dirottato su Kursk e presto i generali russi si troveranno di fronte a scelte più radicali.
Ne consegue la sesta deduzione, che vede il consenso interno di Putin sgretolarsi sempre di più: i video diffusi in queste ore dai civili di Kursk e i commenti dei militari sopravvissuti all’assalto ucraino sono impietosi nei suoi confronti e alimentano certamente il seme della discordia contro il suo regime.
Sette: più pressione viene esercitata sull’aggressore, più s’avvicina la pace. Basta ricordarsi le volte in cui Putin ha aperto a possibili negoziazioni quando s’è trovato col fiato sul collo durante la controffensiva ucraina del 2022. Putin comprende solo il linguaggio della forza, è un dato ormai assodato. L’ottava osservazione è costituita dal fatto che l’Ucraina sta lavorando coi Paesi della Nato per l’attuazione della difesa congiunta contro i missili russi: mostrare agli alleati che si può osare li aiuterà certamente a compiere un passo decisivo in tal senso.
Il nono in esame è il fattore economico: se l’Ucraina aveva già la possibilità d’interrompere il flusso d’idrocarburi russi verso l’Europa, ora ha la mano posata sul rubinetto del gas dello snodo di Sudzhe ed è a un passo dalla centrale nucleare di Kursk: tenerla in scacco mettendola in shut-down ribalterebbe specularmente la situazione patita a Zaporizhzhia.
In ultimo: come hanno ribadito il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller e il portavoce della Commissione eu-ropea, «l’Ucraina sta combattendo una legittima guerra di difesa contro l’aggressione illegale della Russia. Nel quadro di questo legittimo diritto a difendersi, ha il diritto di colpire il nemico ovunque ritenga necessario sul suo territorio ma anche nel territorio nemico».
Ecco perché, senza esser stata troppo preannunciata, la tanto a lungo attesa offensiva ucraina è finalmente iniziata.