In una esaustiva intervista al quotidiano La Stampa, Vito Gamberale, affronta i problemi della rete unica nelle Telecomunicazioni con uno sguardo al presente ma anche con obiettivi giudizi sugli errori del passato.

La questione di fondo che Gamberale pone senza pregiudizi è l’assetto proprietario della ex Telecom che ha avuto un assetto diverso dal modello perseguito con Eni e con Enel con OPV laddove la presenza dello Stato è stata garantita con una quota inferiore al trenta percento, tale da aprire significativamente ai privati, ai fondi di investimento, ad investimenti di lungo periodo, mantenendo la guida operativa, le scelte operative e la strategicitá.

Vito Gamberale per il ruolo di protagonista avuto nella storia di Telecom ripercorre i momenti storici, in particolare quelli del 1994 e del 1998. Lo fa senza sconti anche nei confronti dell’uomo di governo Ciampi, presidente del Consiglio e Ministro del Tesoro protagonista di precise scelte politiche, distinguendo dal Ciampi apprezzato Presidente della Repubblica.

Nel marzo del 1994, infatti, nella fase finale del governo Ciampi, la licenza del secondo gestore delle telecomunicazioni fu assegnata senza gara.
Nel processo di privatizzazione del 1998 fu decisa l’uscita della presenza dello Stato dalle Telecomunicazioni con la formula del nucleo stabile o nocciolino duro che portò alla scalata a debito di Telecom con tutto le conseguenze che abbiamo registrato compreso il depauperamento del poderoso patrimonio immobiliare che fu polverizzato.
Dunque la strada indicata è quella di una forte presenza dello Stato nella costruzione e gestione della rete unica delle telecomunicazioni ioni. Ciò richiede manager di livello a garanzia degli investimenti e dei risultati gestionali.

Pur nelle difficoltà politiche del 1992 – 1994 la Dc ebbe il coraggio di guardare oltre il presente e in una lettera al Presidente Ciampi, Bianco, come capogruppo alla Camera, d’intesa con Martinazzoli, ribadiva l’adozione di provvedimenti in linea con il parere parlamentare delle tre commissioni riunite Bilancio Tesoro e Attività produttive, sul riordino delle PpSs con scelte in materia di azionariato diffuso e di voto di lista, tutela degli azionisti di minoranza, regime fiscale per favorire la destinazione del risparmio verso il capitale di rischio. Tutto ciò era in coerenza con l’affermazione di una democrazia economica partecipativa.

Del resto Romano Prodi nel suo libro “missione incompiuta” riconobbe che il suo ruolo era chiaramente quello di chi deve smontare il motore. L’Iri andava smantellata perché erano maturati gli ultimatum europei e sul modo di privatizzare il dibattito era aperto, golden share, nocciolo duro, elenco dei settori da conservare.
Dunque la navigazione fu a vista con tutte le conseguenze che vediamo sotto i nostri occhi. Ecco interrogarsi come fa Gamberale su questi trenta anni di politica economica non è un esercizio retorico, ma una operazione di verità di cui abbiamo bisogno e che non dovrebbe riguardare solo manager affermati ma anche esponenti politici di tutte le forze politiche.

[Dalla pagina Fb dell’autore]