Sollecitato dall’amico Nino Labate, l’autore riprende la riflessione su Chiesa e secolarizzazione, avviata con un articolo da Pio Cerocchi su queste colonne.
Il fenomeno del distacco della società civile dalla dimensione religiosa non è affatto nuovo. Nel 1944, dieci giorni prima della sua tragica morte, Antoine de Saint-Exupéry si chiedeva: «Che rimarrà della nostra civilizzazione, dove ciò che è spirituale è stato massacrato? Mai come adesso lo spirito è stato schiacciato sotto la materia».
Il pontificato di Bergoglio si è dovuto confrontare con questa realtà. Di sicuro non è papa Francesco la causa dell’evanescenza dei valori religiosi nella vita degli uomini e delle donne di oggi. Semmai è vero il contrario: grazie a lui si sta mantenendo un filo di dialogo con i “non praticanti”, gli indifferenti, i “lontani”, che rappresentano la stragrande maggioranza dell’umanità. Per questo ha spostato il confronto dalle pure verità di fede (ricordiamo la dichiarazione Dominus Iesus del 2000 sull’impossibilità che ci sia salvezza fuori dalla Chiesa) alla fede nell’amore verso il prossimo. Da qui discende l’impegno per il Creato, la “fratellanza universale” sancita insieme ai musulmani sunniti, e ancor prima il superamento con la sua Amoris Laetitia della logica della “casistica del peccato”, fino alla nuova rotta sinodale e al ritorno alla visione conciliare di “Popolo di Dio”.
Capisco chi storce il muso per una perdita di “mistero” nel ruolo pontificale e più in generale nella vita ecclesiale. Grazie anche alla narrazione che ne facciamo noi operatori dell’informazione, il papa più che come il vescovo di Roma è visto spesso come un leader politico o come una sorta di segretario aggiunto delle Nazioni Unite. Forse è il prezzo da pagare per la nuova “postura” del successore di Pietro. Che anziché innalzarsi verso il cielo (torna agli occhi l’immagine di Pio XII benedicente) si abbassa verso gli scartati, gli ultimi del mondo, gli abitanti delle periferie. La sua veste bianca non rimane immacolata, ma si sporca del fango delle strade, quelle che percorrono i migranti, i profughi, i senzacasa…
La stessa elezione di Bergoglio, nel 2013, fu la risposta dei cardinali conclavisti alla grande crisi segnata dal secolarismo. Come ha spesso denunciato Francesco, lo spirito mondano è entrato anche nella Chiesa e la minaccia dal di dentro. Ne ha dovuto fare i conti Benedetto XVI, messo in croce da collaboratori attenti ai loro interessi personali anziché all’annuncio della Buona Novella. In un clima diverso, meno corrotto, Ratzinger – chissà – non avrebbe deciso di dimettersi.
Papa Francesco sta percorrendo il sentiero giusto, forse l’unico praticabile. Quel che ogni tanto lascia scettici, specie a noi del vecchio mondo, è il suo stile di guida, molto latinoamericano. A volte preme troppo sull’acceleratore, altre non rispetta la segnaletica, altre ancora fa salire a bordo autostoppisti poco raccomandabili…Ma la cosa più importante rimane la direzione, che deve essere quella del Vangelo, sine glossa, come piace a lui. Del resto, Bergoglio ha parlato sempre di processi da avviare. Il tempo è superiore allo spazio e si deve avere fiducia nello Spirito Santo. Qualcuno penserà a portare a termine il lavoro.
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Enzo Romeo giornalista italiano. Dal 2002 al 2014 è stato responsabile della Redazione Esteri del Tg2, dove attualmente ricopre il ruolo di caporedattore vaticanista.