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mercoledì, 17 Dicembre, 2025
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La semplicità come forza è il lascito spirituale di Francesco secondo Cazzullo

Patrono d’Italia, figura fondativa dell’identità nazionale e universale: nella lettura di Aldo Cazzullo il Santo di Assisi emerge come paradigma morale, culturale e spirituale capace di parlare al nostro tempo disorientato.

Francesco d’Assisi Patrono d’Italia: questa è la consacrazione storica, culturale e religiosa di una primazia che ha molteplici aspetti, che lo rendono il più autentico rappresentante dell’italianità nel mondo, lo si consideri sotto il profilo temporale, morale o spirituale. Piace questa definizione ad Aldo Cazzullo che l’ha inventata “assumendosene la responsabilità” fino ad emozionarsi per questa scelta.

Francesco è primo perché la sua figura è fondativa della nostra identità nazionale: primo a scrivere quella meravigliosa poesia che è il Cantico delle Creature e a inventare il presepe vivente; primo nell’ispirare i più grandi italiani della Storia, nell’arte, nella letteratura e persino in politica; primo a incarnare i valori di dignità e uguaglianza di tutti gli uomini enunciati dal Vangelo; primo a trattare le donne da pari a pari, a prendersi cura dei fragili, dei deboli, dei bambini, degli emarginati; primo precursore dell’Umanesimo, che rappresenta un grande contributo di civiltà che l’Italia – più che originato altrove – ha coltivato e donato al mondo; primo ad amare la natura e a rispettarla fino a renderla “sorella” e ad esservi rappresentato in tutte le iconografie che lo descrivono; primo a considerare la povertà non una rinuncia o una imposizione, ma un valore, come recentemente il Santo Padre Francesco ha ricordato e valorizzato fino ad assumerla come stile di vita, fino alla sepoltura.

Uno ogni mille anni”

“Di uomini così ne nasce uno ogni mille anni”: prima Buddha, poi Gesù e nel millennio successivo San Francesco. Così l’incipit della narrazione di Cazzullo, vice direttore ed editorialista del Corriere della Sera, autore di oltre trenta libri, alcuni tradotti in molte lingue, profondo cultore e conoscitore della Storia e della presenza dell’uomo in tutte le sue rappresentazioni, le epoche, i contesti antropologici.

Tenace assertore della ricerca e dell’approfondimento dei fatti e dei personaggi che hanno caratterizzato vicende anche lontane nel tempo, Cazzullo non dimentica – anzi ci ricorda – che tutto è sviluppo, concatenazione, sequenza, dove ogni evento è spiegato da tutto ciò che lo ha preceduto.

Un santo per il nostro disorientamento

Il fascino che Francesco di Assisi ha esercitato su di lui è abbagliante e questa folgorazione rende attuale ed esemplare la vita del “santo poverello”, in un mondo soggiogato dalle derive opposte: il dio denaro, l’egoismo, la violenza, il sopruso, la sopraffazione, la disonestà, il rancore, l’invidia.

Guardando a lui ci rendiamo conto dello spaesamento valoriale, assiologico e ontologico contemporaneo: una società fragile, liquida, globalizzata, senza vincoli etici, con soggettività abbandonate all’indifferenza e alla solitudine, in un mondo in cui non ci si parla più con autenticità e onestà intellettuale e morale. San Tommaso ci ricorda che il mondo va avanti, progredisce, se gli uomini si dicono reciprocamente la verità; e sembra invece che oggi prevalgano doppiezza e mistificazione.

Il gusto” di amare

In questo vuoto si staglia una lezione essenziale. “Il ‘gusto’ di amare – mi aveva spiegato il Cardinale Tonini – è una sensazione ineguagliabile di pienezza della condizione umana, il modo più autentico dell’essere e dell’esserci: è l’amore per il prossimo, il rispetto del Creato, l’esempio più concreto e spendibile che possiamo attingere dalla vita di Francesco d’Assisi”.

La sua figura evoca una bellissima descrizione di cui ci fa dono Sant’Agostino:

“Questi uomini, questi santi sono come le montagne, perché le montagne sono le prime a indicare l’apparire, il sorgere del sole”.

Essere prima che apparire

È un’immagine carica di una potenza espressiva straordinaria: cogliere per primi la luce, il calore. Ciò che intimamente esprimeva, in modo spontaneo e naturale, San Francesco. Non c’era alcuna forzatura nel suo essere e nel suo fare, ma solo la consapevolezza della necessità di operare il bene.

In un mondo di conflitti e insicurezze egli ci insegna la lezione impareggiabile della semplicità, che sembra invece espunta dagli orizzonti morali e comportamentali del nostro tempo. Non apparire ma essere, nella reciprocità del donare il meglio di sé.

Leggere la vita di Francesco ci aiuta a ritrovare la serenità perduta, a dare il giusto peso alle cose, in un mondo insofferente che spesso fa rima con indifferente.