“Tagliategli la testa!” urlava la Regina di Alice nel Paese delle meraviglie contro chiunque la contrariasse. Tuttavia il BelPaese in cui viviamo, pur essendo un “Paese delle meraviglie” non è il paese da favola che crediamo. Talvolta capita che il nostro legislatore commetta delle sviste che, se non corrette, trasformano in un inferno in terra la vita dei nostri imprenditori e non solo di questi.

Il prossimo 28 giugno se non vi sarà posto rimedio la Spada Di Damocle, rappresentata da una pesantissima sanzione amministrativa, rischia di tagliare la testa di grandi realtà aziendali che non garantiranno la piena e totale accessibilità dei prodotti e dei servizi immessi sul mercato.

Per carità l’accessibilità dei prodotti e dei servizi va garantita per dare corpo e realizzazione al diritto delle persone con disabilità ad una vita con pari dignità ma occorre sempre contemperare i diritti di taluni con i diritti di tali altri affinché nessuno ne abbia nocumento.

Ecco il fatto. Il 16 u.s. è iniziato nelle commissioni parlamentari (8 Senato e IX Camera più le commissioni in sede consultiva) l’esame dello schema di decreto legislativo (Atto Governo 362) in attuazione dell’articolo 1 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (allegato A, 17), recante attuazione della direttiva (UE) 2019/882 sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi.

Il dossier di documentazione predisposto dai sempre ottimi servizi parlamentari, segnala diversi problemi sul testo dello schema di decreto che ci si augura che saranno evidenziati nel parere a cui il Governo dovrà conformarsi.

Sin qui nulla di strano, normale prassi. Tuttavia ad una attenta lettura delle norme in esame, è di tutta evidenza che il problema maggiore riguarda due date non concordanti tra loro ma che incidono in modo rilevante sull’attuazione della Direttiva nel nostro Paese.

Lo schema di decreto legislativo infatti reca una data di attuazione dei requisiti per immissione in commercio e attivazione dei servizi al 28 giugno 2025 (Art. 1), mentre il DL 6 novembre 2021, n. 152 convertito con modificazioni dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233 ha disposto (con l’art. 27, comma 2-novies) l’introduzione del comma 2-bis all’art. 4 alla legge 9 gennaio 2004, n. 4 c.d. Legge Stanca (Disposizioni per favorire e semplificare l’accesso degli utenti e, in particolare, delle persone con disabilità agli strumenti informatici) che fissa la data di adeguamento , per il rispetto dei  requisiti  di  accessibilità al 28 giugno 2022 per le realtà che hanno un fatturato medio sull’ultimo triennio di 500 milioni di euro.

Questa differenziazione temporale, di cui non si è tenuto conto, forse per distrazione degli uffici tecnici dei Ministeri coinvolti nella redazione del testo? (il punto di domanda è d’obbligo), rischia di creare non solo un pregiudizio agli operatori e alle imprese del settore privato ma anche a tutti i soggetti pubblici in generale, chiamati al rispetto della normativa entro il 28 giugno 2022. Tuttavia in mancanza di chiarezza sui termini temporali e in mancanza delle linee guida di cui all’emanando decreto legislativo, questi avranno con tutta evidenza qualche difficoltà ad adeguarsi con il rischio, per gli imprenditori, di vedersi comminare una pesante sanzione amministrativa che può arrivare al 5% del fatturato.

La questione poi si fa preoccupante se penso al complesso degli effetti che questa discrasia temporale tra Legge Stanca vigente e schema di decreto legislativo in esame,  causerà anche al sistema dell’istruzione e della formazione superiore che, in particolare, con l’emergenza sanitaria affrontata a seguito dell’epidemia da Covid-19 ha mostrato l’importanza della possibilità di accedere e utilizzare liberamente i servizi digitali a tutto vantaggio degli studenti con disabilità, ma non solo, penso al complesso degli obblighi delle misure compensative e di sostegno che le nostre scuole e le nostre Università saranno chiamate ad erogare in aggiunta a quei servizi già predisposti ed anch’esse esposte,  sotto pena , se non della sanzione amministrativa perché magari non rientrano nei parametri dimensionali di applicazione per fatturato, sicuramente invece di una azione da parte delle persone con disabilità che dovessero sentirsi discriminate per la mancata erogazione di servizi e prodotti per la didattica pienamente accessibili, agli effetti della legge 67/2006.

Ma torniamo alle imprese. Il problema della non concordanza delle due date, che peraltro lo schema di decreto non corregge, è ancora maggiore perché con d.l. semplificazioni n. 76/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020,  all’articolo 29 si dispone l’estensione degli obblighi di accessibilità di cui alla legge 4/2004, anche ai soggetti privati con un determinato fatturato medio che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili (come non pensare alle Università non statali telematiche ?) e prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di rilevante entità (fino al 5 per cento del fatturato) nel caso di mancato rispetto delle prescrizioni normative fermo restando, in ogni caso, il diritto del soggetto discriminato, come già detto, ad agire ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67.

Inoltre nello schema di decreto si prevede che il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dell’Autorità politica delegata per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale dovrà  definire apposite linee guida (articolo 3, comma 4) per facilitare l’applicazione delle misure nazionali in materia di accessibilità dei prodotti e dei servizi nonché anche l’Agenzia per l’Italia Digitale dovrà emanare a sua volta delle linee guida per assicurare la conformità dei servizi (articolo 21). Ed i tempi previsti sono non inferiori ai 120 giorni, quindi dopo la scadenza perentoria del 28 giugno 2022.

Infine, ma non da ultimo, tra gli elementi dello schema di decreto che stridono con le finalità generali della direttiva europea, vale la pena di segnalare l’articolo 13, ove si dettano alcune norme di deroga all’applicazione della normativa in materia di accessibilità dei prodotti e servizi che escludono ad esempio, gli operatori economici che ricevono finanziamenti pubblici o privati al fine di migliorare l’accessibilità, prevedendo per questi la possibilità di non applicare i requisiti di accessibilità nel caso in cui ciò comporti un onere sproporzionato. Tale disposizione va letta in combinato con la clausola di invarianza finanziaria per il bilancio dello Stato di cui al comma 2 dell’articolo 27 che dispone “Dall’attuazione delle disposizioni del presente decreto, ad esclusione degli articoli 18, 21 e 26, non devono derivare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni pubbliche interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente” che tradotto significa non ci sono altri soldi.

La deroga prevista quindi appare contraddittoria e lesiva del diritto delle persone con disabilità ad una piena accessibilità. Infatti se da un lato potrebbe essere logico escludere chi ha ricevuto finanziamenti pubblici per l’accessibilità – posto che dovrebbe essere insito nell’erogazione del finanziamento pubblico l’obbligo a garantire la piena accessibilità pena la revoca del finanziamento –  dall’altro la possibilità poi di non attuare le misure necessarie quando vi è un onere sproporzionato pone a rischio la piena realizzazione degli obiettivi non tanto della direttiva stessa cui lo schema di decreto dà attuazione ma degli articoli 9 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita (ratificata con la Legge 18 del 3 marzo 2009) e della più recente Strategia Europea 2021-2030 per le disabilità (Un’Unione dell’uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030) ove al punto 2 si dichiara l’accessibilità “un fattore abilitante dei diritti, dell’autonomia e dell’uguaglianza”.

Dunque è di fondamentale importanza, alla luce di questa breve analisi che i termini di attuazione della direttiva europea sull’accessibilità (UE) 2019/882 e quelli dell’articolo 4, comma 2-bis della legge 4/2004 siano allineati, quantomeno ad un momento successivo alla concreta emanazione delle linee guida previste dallo schema di decreto legislativo,  comunque in coordinamento sinergico con quanto previsto nel PNRR in materia di sviluppo digitale del Paese, e certamente dopo una preventiva consultazione pubblica che veda le Istituzioni titolari dello schema di decreto in emanazione, favorire l’ascolto dei soggetti destinatari della direttiva e di quelli obbligati a garantire la piena accessibilità dei prodotti e dei servizi.

 

Francesco Alberto Comellini è attivista per i diritti delle persone con disabilità e l’attuazione della CRPD