L’articolo siglato a.m. appare oggi sulle pagine dell’Osservatore Romano come ditoriale del neo Direttore
La parola con cui si apre il 2019 è quella lanciata dal Santo Padre nel suo discorso Urbi et Orbi il giorno di Natale: fraternità. Una parola che indica la verità che «sta alla base della visione cristiana dell’umanità», visione imperniata sull’armonia tra unità e diversità, cuore appunto della fraternità. Se esiste questa armonia «allora le nostre differenze non sono un danno o un pericolo, sono una ricchezza.
Come per un artista che vuole fare un mosaico: è meglio avere a disposizione tessere di molti colori, piuttosto che di pochi!». Da questa visione nasce l’immagine del poliedro, così cara a Papa Francesco, un’immagine che rende ragione della complessità umana più della piatta e ideologica immagine della sfera. Perché non è un ideale astratto la fraternità, è un’esperienza concreta che tutti conosciamo grazie a quella realtà, avvincente e drammatica, che è la famiglia: «L’esperienza della famiglia ce lo insegna: tra fratelli e sorelle siamo diversi l’uno dall’altro, e non sempre andiamo d’accordo, ma c’è un legame indissolubile che ci lega e l’amore dei genitori ci aiuta a volerci bene».
Il Papa parla con il realismo che lo contraddistingue, il realismo della Bibbia che sin dall’inizio presenta storie di fratelli non certo esemplari, da Caino e Abele a Esaù e Giacobbe fino a Giuseppe venduto dai suoi fratelli. Ma poi c’è Gesù, l’Unigenito che diventa Primogenito e si fa fratello di tutti gli uomini (“andate a dire ai miei fratelli” così si esprime, una volta risorto) invitandoci ad amarci come fratelli, figli tutti dell’unico Padre.
La modernità è l’era storica che ha ucciso il padre (tutti i padri, maiuscoli e minuscoli) e non è un caso che delle grandi idee della rivoluzione francese è proprio la fraternité a essere quella più trascurata. Viene in mente la speranza secondo Peguy: «La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi, la fede e la carità, e non si nota neanche. Quasi invisibile, la piccola sorella sembra condotta per mano dalle due più grandi, ma con il suo cuore di bimba vede ciò che le altre non vedono. È lei, quella piccina, che trascina tutto». C’è bisogno di un riscatto della fraternità perché l’Occidente negli ultimi due secoli ha premuto sull’acceleratore della libertà e dell’eguaglianza ma senza la “barra al centro” della fraternità il risultato è stato quello di un mondo squilibrato, schizofrenico.
Nel ’900 abbiamo avuto una società, quella comunista, totalmente impostata sull’eguaglianza ma priva della libertà, che ha avuto come risultato l’appiattimento, l’omologazione con la mortificazione delle differenze in un regime disumano fatto di burocrazia, sospetto e violenza brutale. Dall’altra parte si è affermato un modello di società dove la libertà è stata spinta fino agli estremi limiti, finendo per accentuare le diseguaglianze e generare un individualismo cieco e sordo agli altri che vive nel godere limitless spezzando ogni vincolo e senso della comunità.
Questi opposti che finiscono per coincidere, l’egualitarismo e il liberismo, sono visioni ideologiche del reale (“sfere” anziché poliedri) che nascono dalla perdita di quella concretezza che solo la fraternità poteva trasmettere alle due idee di eguaglianza e libertà che, una volta sganciate dalla fraternità, sono come impazzite creando i dissesti in cui ancora oggi si dibatte l’Occidente. È chiaro allora e quanto mai urgente il monito del Santo Padre che ci ricorda che: «Senza la fraternità che Gesù Cristo ci ha donato, i nostri sforzi per un mondo più giusto hanno il fiato corto, e anche i migliori progetti rischiano di diventare strutture senz’anima».