L’eclissi del centro è stata un dramma per i suoi adepti e una liberazione per i suoi avversari. Sarebbe il caso dunque di rimanere per quanto possibile allineati a questo doppio registro, a seconda che si faccia il tifo per il ritorno o per la scomparsa.
Quello che suona ingiusto, piuttosto, è quella sorta di chiacchiericcio caricaturale che accompagna puntualmente ogni dibattito su queste vicissitudini. Il centro è stata una storia, ma non una moda. Come storia conserva una sua paradossale attualità, e chiunque ne abbia fatto parte sa che alcuni di quegli argomenti e di quei costumi prima o poi ritorneranno come sempre è accaduto nelle vicissitudini del nostro paese.
Ma appunto per questo occorre sempre mantenersi a prudente distanza dal culto dell’attualità. Che è il terreno più insidioso per quanti si sforzano di ragionare per quanto possibile sulla lunghezza d’onda della storia. Anche per questo si vorrebbe suggerire ai protagonisti futuri di questa vicenda di attenersi alla sobrietà e alla misura che è stata propria dei loro (e nostri) padri.
Un registro che non sembra aver appassionato più di tanto gli eroi eponimi del terzo polo appena dismesso. Ma che fatica a suggestionare anche gli ipotetici successori di cui si parla in questi giorni.
A tutti loro viene spontaneo rivolgere un augurio di buon lavoro. E insieme l’affettuoso consiglio di non farsi troppo abbagliare dalle luci della ribalta. Quelle luci che ora brillano sul capo dei protagonisti dedicati alla reciproca radicalizzazione. E che diventeranno più soffuse non appena cambierà l’ordine del giorno della nostra contesa politica.
Fonte: La Voce del Popolo – 19 dicembre 2024.
[Testo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]