L’insistenza con cui la nuova destra americana, a partire dal suo “commander in chief”, il presidente Trump, invoca il nome di Dio desta qualche sospetto soprattutto laddove quel nome viene pronunciato con la giusta misura e sempre in punta di voce.
Si dovrebbe sempre avere il buon gusto di separare le nostre dispute politiche dalla confidenza che ci prendiamo col Signore. A cui chiediamo spesso molte intercessioni per noi stessi. Ma che proprio per questo dovremmo sempre aver cura di non coinvolgere troppo in quegli affari terreni − la politica in primo luogo − che dovrebbero restare affidati alle nostre cure, nel bene e nel male.
Ora, è possibile che davvero il presidente Trump pensi che è stato Dio, in prima persona, a deviare quella pallottola sparata contro di lui in piena campagna elettorale. Ma il numero di volte in cui egli ha ripetuto questa sua certezza (da ultimo nel discorso di insediamento alla Casa Bianca) lascia il sospetto, almeno il sospetto, che quella frase serva piuttosto a magnificare la sua persona agli occhi del suo pubblico.
Si dirà che in questo caso Trump non è né il primo né l’ultimo a fare così, nominando Iddio, se non invano, almeno con un certo eccesso di zelo. Ne abbiamo avuto del resto un discreto numero di esemplari anche dalle nostri parti. Ma quegli antichi democristiani che erano assai più ritrosi a mettere la loro fede sotto i riflettori a me sembrano buoni esempi di uno stile sobrio e discreto. Quella sobrietà, e quella discrezione, che di solito s’accompagnano a valori più profondi e magari a certezze più granitiche.
Fonte: La Voce del Popolo – 23 gennaio 2025
[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]