Non è facile la navigazione di Giorgia Meloni. Un po’ perché il tempo passa e l’effetto della sua novità svanisce mano a mano che le difficoltà del Paese si acuiscono.
Un po’ perché l’economia è ferma, registra qualche tratto recessivo e una certa delusione si fa strada presso il suo stesso elettorato. E un po’, infine, e soprattutto, perché la presidenza Trump – imperiale e isolazionista al tempo stesso – annuncia una difficoltà strategica che la premier non sembra sapere bene come gestire. Con l’effetto di tenersi furbescamente a cavallo tra un’America che non è più generosa come un tempo e un’Europa che comincia a diventare diffidente man mano che l’orizzonte strategico del nostro governo appare più opaco. È presto per dire che l’aria è cambiata e che la partita si sta riaprendo.
Ma è quanto basta per non dare più per scontati i numeri (e le condizioni politiche) della volta passata. E però, se si guardano le cose dal lato dell’opposizione, non tutto riluce. Certo, per come vanno le cose si può anche capire quella sorta di ritrovato ottimismo che la attraversa in questa fase.
Ma solo a patto di non farsene abbacinare troppo. Il fatto è che questa opposizione, così divisa e così portata alla radicalizzazione, rischia di diventare a sua volta il maggior punto di forza di una compagine di maggioranza tanto “scombiccherata”.
Le due manifestazioni in cantiere appaiono come il riflesso più evidente di questa difficoltà. Così, il centrosinistra si aspetta di risalire la china contando sugli errori altrui. E il centrodestra, però, sotto sotto, sembra contare a sua volta sugli scivoloni dei suoi avversari
Fonte – La Voce del Popolo, 5 giugno 2025.
Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del direttore del settimanale della diocesi di Brescia.