Non è salita sul treno per Kiev lasciando soli gli altri Paesi europei, inglesi compresi. Lei stessa si è affrettata a minimizzare la portata della sua assenza, tornando a ribadire quella sua linea di sostegno alla causa ucraina che l’ha accompagnata in tutti questi mesi. Ma l’assenza s’è fatta notare e indica un problema che a lungo andare non sarà così facile risolvere.
Il fatto è che Meloni per metà – la metà buona, diciamo così – si è schierata fin da subito dalla parte dell’Ucraina, trovandosi in sintonia con l’Europa che conta. Ma per l’altra metà sente il peso sulla bilancia di quella sua antica freddezza verso i partner dell’Unione e soprattutto della sua sintonia “ideologica” con l’amministrazione Trump. Così, finisce letteralmente per dividersi in due, tra una parte di occidente e l’altra, alla vigilia di una contesa atlantica che ormai appare quasi dichiarata.
Ora, tutto questo ha qualcosa di paradossale. Poiché la premier tende spesso a radicalizzare le posizioni e a respingere al mittente tutte le domande di mediazione e di compromesso che la nostra antica saggezza politica era abituata a distillare. E invece, per una volta che la chiarezza della sfida, la nettezza dei princìpi e il carattere strategico delle scelte richiederebbero prese di posizioni prive di ogni tortuosità, lei si barcamena ondeggiando tra due opzioni che sono l’una il contrario dell’altra.
I prossimi mesi ci diranno quale metà delle due Meloni è destinata a prevalere.
[Fonte: La Voce del Popolo – 22 maggio 2025
Articolo qui riproposto in accordo con l’autore e il direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]