Gentile Direttore,
in vista delle prossime elezioni politiche, la premiata officina Franceschini-Repubblica ha costruito un nuovo modello per le opposizioni, importato direttamente da Oltralpe: un accordo di desistenza.
La proposta franceschiniana prevede che ogni partito d’opposizione corra per sé, senza la costruzione di una coalizione o l’indicazione di un comune programma elettorale. Nei collegi uninominali, invece, le forze alternative al governo dovrebbero accordarsi su un unico nome per ciascun collegio, così da essere concorrenziali con il centro destra.
Bisogna riconoscere che l’idea è originale e ha senz’altro contribuito a rivitalizzare il dibattito sulla costruzione di un’alternativa alla maggioranza meloniana, tuttavia esistono delle forti criticità. L’accordo di desistenza potrebbe, forse, comportare una “non vittoria” del centro destra, secondo l’analisi di YouTrend in questo scenario il centro destra avrebbe la maggioranza alla Camera ma non al Senato; ma cosa accadrebbe dopo?
Sarebbe inverosimile ritenere che Fratelli d’Italia possa accettare un accordo con il PD o i 5stelle, né la Lega a trazione salviniana e fortemente sovranista a questo giro potrebbe rappresentare un alleato per il PD. Qualcuno forse si aspetta che Forza Italia abbandoni il centro destra per accordarsi con l’intera coalizione delle opposizioni per andare al governo?
Supponiamo che sia questo il caso, mi chiedo, se una coalizione di centro sinistra che va da 5Stelle a Azione non è stata in grado di trovare un programma di governo comune e un candidato presidente del Consiglio prima delle elezioni, come riuscirebbe una così differente coalizione a chiudere un accordo di governo allargando la base anche a Forza Italia?
Non è probabile che accada il contrario? Al centro destra basterebbero pochi voti per essere maggioranza in Senato. In primis, non è da escludere che qualche senatore appena eletto del patto di desistenza decida di accordarsi con la coalizione meloniana. In secondo luogo, una lista del patto di desistenza potrebbe trovare un’intesa di governo con il centrodestra (forte di un chiaro programma elettorale già presentato agli elettori).
Inoltre, si sta progettando un accordo che già in Francia ha dimostrato tutte le sue lacune, visto che il patto di desistenza si è andato a naufragare subito dopo le elezioni. Aggiungo poi che Oltralpe l’accordo nasceva con l’idea di sbarrare la strada all’arrivo della signora Le Pen a Matignon, ma in Italia lo scenario è leggermente differente.
Al contrario di come alcuni osservatori la dipingono, la Presidente Meloni non è assimilabile alla signora Le Pen su temi di politica estera ed anche sulle politiche europee. Se il fronte lepenista sposa tesi sovraniste in linea con Salvini, la nostra Presidente del Consiglio ha abbandonato programmi che ha sostenuto in passato, per una politica assimilabile alle moderne destre conservatrici (come i Tory inglesi o i Gollisti francesi).
Ma il tema fondamentale riguarda un altro aspetto. L’attuale sistema elettorale ha una consistente quota di maggioritario. Immaginiamo che questo patto di desistenza abbia luce, senza un programma elettorale comune. Un elettore centrista, se si dovesse trovare di fronte alla scelta tra un candidato grillino e uno del partito popolare europeo, molto probabilmente sceglierebbe il candidato del centro destra. Così come posso immaginare un elettore grillino che, di fronte alla scelta tra un candidato riformista e un candidato sovranista-leghista come Borghi o Bagnai, potrebbe scegliere quest’ultimo.
Il vero tema è che non si può pensare di giocare la partita con una legge elettorale di ispirazione maggioritaria se non si trova un accordo programmatico comune e una forte leadership tra le forze di opposizione. Al contrario, sarebbe opportuno ritornare ad un sistema elettorale puramente proporzionale (senza collegi o premi), al fine di cancellare la polarizzazione perenne che funziona come propaganda ma non alla prova di governo.