Non ho il piacere di conoscere Giancarlo Infante, non so neppure quanti anni abbia. Quindi non sono in grado di sapere se, approssimativamente, era in età adulta ai tempi della approvazione della legge sul divorzio e di quella sull’aborto. Allora noi cattolici democratici occupavamo posizioni di governo rilevanti eppure comprendemmo che la coscienza popolare di questo Paese ci indicava una direzione per noi apparentemente ostica ed impervia. Malgrado ciò la imboccammo, sia pure con grandi difficoltà e tra palesi incretezze
Possiamo affermare ora, a distanza di decenni, di aver sbagliato? Possiamo credere, o illuderci, di poter tornare allo status quo ante? La società civile, nel suo complesso, comprenderebbe ed accetterebbe questa nostra posizione? Io penso di no, non sarebbero dalla nostra parte le generazioni, ormai non poche, che in questo sistema sono nate e cresciute, ma nemmeno quelle che negli anni si sono formate. I due provvedimenti e gli istituti conseguenti sono considerati genericamente, e quindi popolarmente, due conquiste irrinuncianìbili da parte della nostra comunità, anche se, specie l’aborto, vengono praticate con un atteggiamento che non è proprio quello temuto e previsto da quanti, cattolici ma anche no, erano legittimamente contrari.
Questo per quanto concerne alcuni principi etici molto sentiti dai cattolici e dei quali scrive Infante nel suo pezzo. Per quanto attiene il Pd, il mio pensiero è molto semplice. Il Pd non è stato un evento naturale, presentatosi nella forma che gli elementi costituenti, anch’essi naturali, gli hanno conferito quasi considerandola immutevole. Il Pd è stato, ed è ancora, una creazione umana, e come tale fallibile è modificabile. Al Lingotto si era avviata un fase dinamica dal percorso non del tutto definito, un work in progress faticoso e difficile, al quale, da prima e poi quasi da subito, molta parte del cattolicesimo democratico impegnato in politica si è sottratto,consegnandosiad una destra la cui parte mgliore,era costituita da uno straripante Silvio Berlusconi e da un apparentemente convertito al liberalismo Gianfranco Fini.Una scelta legittima,certo,ma infelice altrettanto sicuramente.
Il Pd non era un moloch espressione della sinistra post comunista,anche se alcuni continuano a ritenerei che forse lo sia ora, giacché recenti vicende, interne allo stesso Pd, sembrano inviare, a loro giudizio,segnali preoccupanti in tal senso.
Ed è forse per questo motivo che Renzi, affiancato da altri, sta insistendo da tempo nella difesa di un progetto – ancora possibile – mirato alla creazione in vitro di un soggetto politico “democratico, liberale, laico, popolare, riformista ed europeista”, capace di muoversi nel solco segnato dalle grandi culture sociali e politiche del ‘900 correttamente e modernamente intese.
In realtà il Pd non è stato nemmeno quello ipotizzato da Walter Veltroni al Lingotto, al quale Franco Marini ci convinse ad aderire in un memorabile incontro a Chianciano, e forse non lo sarà nel prossimo futuro, per errori marchiani e per miopia politica, prima da una parte e poi dall’altra. Ora la mancata approvazione del Referendum istituzionale e lo svolgersi di tutte le vicende che da questo fatto originano, fino alla presente crisi di Governo in fase di soluzione, lasciano credere che ci sia spazio per un’alternativa identitaria. Ho molti dubbi,al riguardo È immaginabile il ritorno sulla scena politica e parlamentare nazionale di una formazione di ispirazione dichiaratamente cattolica, e tuttavia di consistenza numerica ridotta, che possa costituire un momento realisticamente fondamentale per affrontare le condizioni che hanno portato il nostro Paese sull’orlo del baratro del populismo sovranistico e totalitaristico? O è l’illusione,in qualche caso narcisistica ed ingenerosa, di chi ha a cuore il valore assoluto della propria testimonianza a discapito del possibile bene del Paese?