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mercoledì, 31 Dicembre, 2025
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L’anno "tosto" che verrà: le sfide di Meloni tra riforme e Ucraina

Roma, 31 dic. (askanews) – Dovrebbe essere l’anno in cui conquista il record di governo più longevo della storia repubblicana, superando i 1412 giorni del Berlusconi II. Ma c’è una ragione se Giorgia Meloni, facendo gli auguri ai dipendenti della presidenza del Consiglio e ai parlamentari di Fratelli d’Italia, ha già detto che il “2025 è stato tosto, ma il 2026 sarà molto peggio”.

Pesa, ovviamente, il complicato scenario internazionale a cominciare dalla guerra in Ucraina e dal difficile percorso verso quella “pace giusta e duratura” di cui parla la premier. Ma il prossimo sarà anche, in tutto e per tutto, un anno elettorale. Ed è paradossale se si pensa che, a parte alcuni grandi Comuni come Venezia e Reggio Calabria, in realtà, non sono previste rilevanti tornate amministrative. Giorgia Meloni e i partiti, però, sanno bene che il 2026 sarà di fatto proiettato verso le consultazioni Politiche che si terranno nella primavera del 2027. E questo, nell’ottica di accrescere i rispettivi consensi elettorali, significa che salirà la tensione sia tra maggioranza e opposizione che all’interno della stessa coalizione di governo.

Contemporaneamente, però, l’esecutivo sarà chiamato al rush finale sulle riforme promesse e contenute nel programma presentato agli elettori. Con una aggiunta non da poco: la legge elettorale. Su questo fronte, il primo appuntamento che attende la premier è quello con il referendum confermativo sulla separazione delle carriere in magistratura. La data non è stata ancora fissata e gli esponenti della maggioranza hanno in ogni modo spiegato che l’esito non avrà alcuna conseguenza sul prosieguo della legislatura. Ovvero, che Giorgia Meloni non ripeterà l’errore fatto da Matteo Renzi di legare le sue sorti a quelle della consultazione. E tuttavia questo resta un momento cruciale per il centrodestra, non solo perché si tratta di una battaglia storica per la coalizione, ma anche perché questa riforma in particolare viene sottoposta al giudizio degli italiani esattamente nella forma in cui è uscita da palazzo Chigi, dunque senza subire alcuna modifica in nessuno dei passaggi parlamentari.

Il 2026 dovrebbe essere poi l’anno in cui si completa la riforma dell’Autonomia differenziata cara alla Lega ma anche quella in cui riprende il cammino del premierato. La presidente del Consiglio continua a indicarla come una priorità e a sottolinearne l’importanza, ma resta il dato di fatto che la cosiddetta “madre di tutte le riforme” è ferma da un anno e mezzo in commissione alla Camera dopo aver superato uno solo dei quattro passaggi parlamentari richiesti per una modifica costituzionale. Lo stesso referendum confermativo ormai viene già proiettato oltre la legislatura.

Ed è anche per questo che la grande scommessa dei prossimi mesi di Giorgia Meloni sembra essere proprio quella della modifica della legge elettorale che consentirebbe di ottenere nella pratica effetti simili ma attraverso l’utilizzo di una semplice legge ordinaria. Il modello a cui si lavora, come è noto, è quello di un proporzionale con premio di maggioranza. Restano da sciogliere ancora dei nodi all’interno del centrodestra, come quello delle preferenze o dell’indicazione del leader della coalizione nella scheda. Ma subito dopo c’è da affrontare anche il capitolo dell’iter parlamentare (voti segreti compresi) e del confronto con le opposizioni.

Tra i provvedimenti su cui si concentrerà l’attività parlamentare ci dovrebbe essere anche la legge sul fine vita che, dopo uno sprint, ha nuovamente visto il suo iter rallentare al Senato. In ordine temporale, tuttavia, il primo scoglio per la maggioranza potrebbe essere quello del decreto Ucraina. All’approvazione della proroga degli aiuti a Kiev (quelli militari compresi) in Consiglio dei ministri ci si è arrivati dopo un lungo lavoro di limature lessicali per accontentare la Lega. Ma il passaggio davvero delicato sarà l’arrivo del provvedimento in aula, con esponenti di via Bellerio che già annunciano di non avere intenzione di votarlo. Le prove generali ci saranno già il 15 gennaio quando la maggioranza sarà chiamata a votare una risoluzione a seguito delle comunicazioni del ministro della Difesa, Guido Crosetto, proprio sugli aiuti a Kiev.

Lo sforzo di Giorgia Meloni sarà dunque quello di mantenere il governo in equilibrio, ruolo che peraltro la premier gioca costantemente sul piano internazionale, a cominciare dai rapporti tra l’Unione europea e gli Stati uniti di Donald Trump. Un quadro, quello internazionale che, sconvolto dalla guerra in Ucraina prima e da quella in Medio Oriente dopo, ha condizionato anche le decisioni in ambito economico, basti pensare ai dazi o ai pesanti costi dell’energia. Ed è proprio in questo settore che, appena archiviata la manovra, dovrebbe concentrarsi uno dei primi interventi del governo, un decreto con aiuti alle famiglie e alle imprese.

Il 2026 dovrebbe anche essere l’anno di chiusura della procedura di infrazione da parte di Bruxelles mentre altro nodo per ora rinviato è quello delle pensioni.