L’attualità di don Sturzo

Il 2019 è stato proclamato l’anno sturziano perché ricorrono cento anni dall’Appello “A tutti gli uomini liberi e forti”

Articolo già apparso sul Giornale La Sicilia

L’incontro culturale di lettura e di riflessione dell’appello “A tutti gli uomini liberi e forti” di don Luigi Sturzo, che si è svolto recentemente nella parrocchia Sant’Agata al Borgo di Catania, è stato un evento voluto dall’Osservatorio socio politici interparrocchiale.

Erano presenti, col responsabile Filippo Uccellatore e alcuni soci ordinari, tre invitati: Giuseppe Adernò (già preside dell’istituto comprensivo Panni), Prospero Cali (premio Fratelli Sturzo 2015), Nerina Azzia, figlia del notaio Nunzio Azzia che fu tra i primi a rispondere all’Appello e che portò all’apertura a Bronte, nel febbraio 1919, nella Casa del popolo della Sezione brontese del Ppi, di cui all’unanimità fu eletto segretario politico. Carica che mantenne fino allo scioglimento del partito nel 1926.

Gli studiosi di don Sturzo, Angelo Consolo e Salvatore Latora, hanno intrattenuto i partecipanti con due relazioni che si integrano a vicenda.

Il 2019 è stato proclamato l’anno sturziano perché ricorrono cento anni dall’Appello “A tutti gli uomini liberi e forti” e dalla fondazione del Ppi. E già si sono organizzati, ad esempio, un Convegno di studio (più di quaranta relatori, in tre giorni) alla Pontificia Facoltà teologica di Sicilia S. Giovanni Evangelista di Palermo, dove appaiono nel frontespizio del depliant, finalmente, le figure dei due fratelli, Luigi e Mario Sturzo. Altre iniziative a Caltagirone, a Piazza Armerina e in tv.

Come interpretare l’Appello di Don Sturzo? Ecco le parole di Consolo a riguardo: «Il rimedio di don Sturzo era basato sulla cooperazione, collaborazione e giustizia sociale. L’Appello è stato il “manifesto” più dibattuto del Cristianesimo democratico italiano. Esso contiene i caratteri fondamentali del popolarismo, una sorta di trasposizione in politica dei caratteri sociali ed etici della dottrina sociale della Chiesa, assorbendo anche alcuni principi propri del conservatorismo, del liberalismo, e addirittura del socialismo.

L’Appello accettava ed esaltava il ruolo della Società delle Nazioni, difendeva «le libertà religiose contro ogni attentato di setta», il ruolo della famiglia, la libertà d’insegnamento, il ruolo dei sindacati. Si poneva particolare attenzione a riforme democratiche come l’ampliamento del suffragio elettorale, compreso il voto alle donne, si esaltava il ruolo del decentramento amministrativo e della piccola proprietà rurale contro il latifondismo.

Nel Ppi  ha precisato Consolo  confluirono le varie componenti del variegato cristianesimo italiano tra cui i conservatori nazionali, i clerico moderati di Alcide De Gasperi, i giovani democratici cristiani di Romolo Murri e i cattolici sindacalisti di Achille Grandi. E alle Politiche del 1919 si raccolse il 20,5% dei voti, cioè 1.167.354 preferenze, e 100 deputati». «Ma perché l’evento non si riduca a un semplice atto celebrativo  ha afferma Latora trattandosi di un fatto storico, bisogna seguire le leggi di una corretta storiografia, secondo cui si richiedono tre livelli: essere informati, essere informati criticamente con documenti e interpretazioni, per una convinzione personale».

Quindi, Latora ha letto e commentato i due testi fondamentali che vanno inquadrati nella crisi post bellica (prima guerra mondiale) quando la Chiesa con Benedetto XV, consapevole che fosse necessario andare incontro alle esigenze di rinnovamento provenienti in primo luogo dai contadini, così da sottrarli all’egemonia socialista e all’alleanza con il proletariato industriale, consentì la formazione di un “partito cattolico”. E ciò fece Sturzo che, a differenza di Murri, aveva aspettato ecclesiasticamente disciplinato nel formare un “partito di cattolici” aconfessionale, laico con un progetto di riforma dello Stato veramente rivoluzionario (Federico Chabod e Antonio Gramsci). Ecco che nacque da Roma il 18 gennaio 1919 l’Appello al Paese: «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché, uniti insieme, propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». Nella stessa data veniva fondato il Ppi con un suo statuto e un programma in XII articoli, con finalità innovative: «Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e a regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali  la famiglia, le classi, i Comuni che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto alle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari… libertà religiosa, non solo agli individui ma anche alla Chiesa per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo: libertà di insegnamento senza monopoli statali; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche».

L’ambizione del Partito popolare era quella di sostituirsi ai liberali e alle finalità dei socialisti nella direzione dello Stato, perché il Ppi è personalista e interclassista.

Il testo è stato letto, ma le domande più interessanti sono venute dai partecipanti.

Perché questo partito nuovo che ha avuto un ottimo risultato nelle elezioni (100 deputati!) fu bloccato e il suo fondatore ridotto in silenzio e costretto a 22 anni di esilio, prima in Inghilterra e poi in America?

«Se dal punto di vista umano non si può non essere sensibili alle sofferenze, al dolore del protagonista, come dimostrano le lettere con il fratello, spesso toccanti; d’altra parte quegli anni a contatto con la cultura angloamericana furono un arricchimento culturale e l’occasione per scrivere i suoi libri più importanti e infondere a Sturzo ancora lena al suo attivismo. Ad esempio: L’Internazionale Bianca (spunti anche per la futura Ue) e le due People and Freedom, prima in Inghilterra e poi in America».

Quale differenza fra Sturzo e la Dc di De Gasperi?

«Sturzo è stato la coscienza critica del nuovo partito erede del Ppi  formulando il consiglio di guardarsi delle tre male bestie nemiche della Democrazia: lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico: il primo va contro la libertà, la seconda contro l’uguaglianza, il terzo contro la giustizia».

Quale può essere la sua attualità?

«Creare una rete operativa e attivare gli Osservatori sociali, come il nostro che è di ispirazione sturziana. E prima di tutto studiare le opere di Luigi Sturzo con quelle del fratello vescovo, Mario Sturzo».