Quando presero corpo in modo ideale e giuridico i dibattiti sulla pari dignità sociale e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (con l’aggiunta della locuzione “senza distinzione di sesso”), l’Italia stava per vivere ciò che nella memoria storica collettiva viene ricordato come boom economico. In realtà, tra i Costituenti e l’insigne intellettualismo politico riferiti al dopo 1945, periodo post-conflitto, c’era già chi aveva precorso i tempi e aveva dato luogo ex ante a tutta una serie di iniziative che sarebbero confluite in alcuni tra i provvedimenti di legge più epocali e discussi del secondo Novecento. Tra quei protagonisti va annoverata sicuramente Angelina Merlin, socialista, già senatrice e paladina a difesa dei diritti delle donne, la quale – suo malgrado – resta a tutt’oggi “inchiodata” allo stereotipo legato a colei che si rese artefice della chiusura delle case chiuse («Chi si prostituisce è sempre il soggetto debole», anno 1958) e dell’abolizione della dicitura “N.N” riportata nei dati anagrafici di chi aveva genitori non identificati («Restituire dignità a questi cittadini, ritenuti a torto figli illegittimi» , 1975).
Gli ultimi anni di vita della politica veneta, classe 1887, a dire il vero furono contrassegnati da altrettanto impegno profuso in un contesto più ampio e variegato, da cui emerse la sua versatilità. L’intensa stagione di impegno sociale e morale iniziata nei primi anni ’60 coincise infatti con una serie di lotte dei lavoratori dell’industria e con la protesta giovanile, che sfociarono progressivamente nell’aperto dissenso contro il sistema e nella dura contestazione all’apparato partitico tradizionale. A partire dal ’68, momento caratterizzato anche dal riavvicinamento delle tre maggiori sigle sindacali, i movimenti riuscirono a “pilotare” suddetti impegni verso la realizzazione di obiettivi ritenuti di fondamentale importanza: la difesa dei diritti del lavoro e di quelli civili. Contemporaneamente, venivano portati a compimento nuovi impianti giuridici che rimarranno nella storia del paese come l’istituzione delle Regioni e – con l’appoggio dei partiti laici e delle sinistre – l’approvazione della legge Fortuna-Baslini che introdusse il Divorzio, alla quale la Dc si oppose sino a ottenere l’indizione del referendum nel 1974.
Suddette disposizioni diedero il chiaro segno che la società stava cambiando di fronte alle pressanti richieste di rinnovamento dei cittadini e dell’universo giovanile, ma forse in modo precoce, almeno riguardo alle fasce più vulnerabili della popolazione. Proprio la perdurante condizione di fragilità delle donne indusse la Merlin, e insieme a lei altri personaggi illustri come Giorgio La Pira (“il sindaco santo”) e il fisico Enrico Medi, ad appellarsi per convocare il sopracitato referendum abrogativo. Questo punto resta uno dei più controversi circa le posizioni assunte da Merlin: da una parte c’è la consapevolezza che l’anziana senatrice riteneva le donne, in caso di divorzio, poco garantite poiché ancora discriminate nel lavoro e dunque non pronte economicamente ad affrontare la separazione legale; dall’altra, forte della sua lunga militanza socialista (e femminista), permane il dubbio che a suo parere la “mentalità divorzista” divenisse un baluardo della corrente di pensiero acquiescente nei confronti del maschio libertino e legittimato a intraprendere relazioni promiscue.
Sia che prevalesse la volontà di preservare il mondo delle donne da contesti di insicurezza sociale sia che in lei fosse intima e predominante una disputa di genere, Lina Merlin ha pagato il prezzo di una persistente e scomoda notorietà; per questo è stata esposta, negli anni, a puntuali campagne denigratorie anche nel momento dell’assunzione (coraggiosa) di responsabilità nel condurre una lotta di ispirazione tipicamente cristiana. Il dato è che il Parlamento, attuate poche riforme nel lontano 1958, non è stato più in grado di legiferare in materia non tanto sotto l’aspetto dei contenuti quanto nell’adattare i nostri codici alla mutata realtà, la quale, quando si parla di diritti civili, resta tutt’oggi alquanto complessa.