Lectio degasperiana 2021. Tra Stato e Mercato, le Comunità. Ispirazioni degasperiane. Intervento dell’Avv. Giuseppe Guzzetti.

Riportiamo la prima parte – in fondo si trova il link per la lettura completa – della relazione che Giuseppe Guzzetti ha svolto ieri a Pieve Tesino in occasione del tradizionale incontro della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi.

Giuseppe Guzzetti

Premessa. Ringrazio Beppe Tognon, presidente della Fondazione trentina A. De Gasperi, per avermi offerto l’opportunità di rendere una testimonianza personale sullo statista. De Gasperi mi catturò all’impegno politico quando, imberbe studente liceale al Collegio Arcivescovile Ballerini di Seregno (Mi), ascoltai il comizio che tenne a Torino per la campagna elettorale del 1953. Il Collegio aveva organizzato la visita dei liceali al Salone dell’auto ma, giunti a Torino, visti i manifesti del comizio, mentre i miei compagni andarono a vedere le automobili, io e il vicerettore, don Luciano Ravasi, andammo in piazza San Carlo. De Gasperi mi parve subito un grande leader. Seguivo la sua intensa attività politica sul ‘Corriere della Sera’, un giornale non ammesso in Collegio, che il vicerettore mi faceva leggere di nascosto nel suo studio. Al Ballerini gli unici giornali ammessi erano, al lunedì, la ‘Gazzetta dello sport’ e ‘Tuttosport’. Il risultato fu che, sempre con la copertura di don Luciano Ravasi, scappai per oltre venti sere dal Collegio per fare campagna elettorale per la DC a Giussano, in provincia di Milano. Ricordo che era la campagna elettorale della cosiddetta «legge truffa» che dava un premio del 3% alla coalizione che avesse superato comunque il 50% dei voti. Mentre oggi la legge elettorale darebbe la maggioranza a chi superasse il 40%. Delle due leggi quale è la vera «legge truffa»?

Sono stato un politico, nella Democrazia cristiana, un amministratore, Presidente della Regione Lombardia. Altri mi hanno definito un filantropo in quanto per 20 anni ho presieduto l’Associazione delle fondazioni di origine bancaria. A questo proposito i miei meriti sonomolto minori di quanto si creda, perché per aiutare il prossimo io ho avuto a disposizione non solo il grande patrimonio della Fondazione Cariplo, ma anche la rete del cooperativismo, del volontariato, dell’impresa sociale e del privato sociale, che, anche quando non si vede, cuce ogni giorno la tela della nostra società e della nostra democrazia.

Le democrazie liberali occidentali si reggono tutte su tre Pilastri: lo Stato, il Mercato e la Comunità. Lo Stato è la mano pubblica; il Mercato genera il profitto per remunerare gli investitori, ma solo la comunità è in grado di coniugare in maniera efficace il privato con i bisogni sociali. Lo abbiamo visto anche in questa pandemia.

De Gasperi aveva un concetto moderno e anticipatore di comunità anche se ai suoi tempi si usavano altri concetti, ad esempio quello di «popolo». Ma per lui il popolo si reggeva sulle comunità. Nella relazione all’Assemblea costitutiva del nuovo Partito popolare a Trento, il 14 ottobre 1919, De Gasperi disse: «Le nostre vicinie, i nostri municipi, le nostre comunità che cosa furono se non i gangli più vivi e resistenti del nostro organismo di fronte alla prepotenza assorbente del dominio straniero e questi gangli a che cosa ci ricongiungono se non alle fulgide tradizioni dei comuni italiani che irradiarono tanta civiltà nel mondo?» Per De Gasperi la comunità è il ganglio più vivo e resistente di una democrazia.

Il Terzo Pilastro è un fenomeno economico e sociale imponente, di cui nessuna amministrazione pubblica potrebbe più fare a meno. La più recente indagine Euricse/lstat documenta la forza e l’insostituibilità del Terzo Settore in Italia: 400.000 Enti, 5.500.000 volontari, 1.580.000 dipendenti. Un fatturato che si stima raggiunga gli 80 miliardi di euro, circa il 5% del PIL. Per rafforzare la presenza delle comunità il privato sociale deve continuamente innovare per tener dietro ai bisogni che cambiano. E per spiegarmi vorrei citare 3 iniziative importanti su cui mi sono impegnato a fondo. La prima è l’edilizia sociale per dare alloggi alle persone e alle famiglie che non possono pagare un affitto di libero mercato e che non è la vecchia edilizia popolare del Piano Fanfani: sperimentatane la fattività con la Cariplo è grazie all’azione del ministro Giulio Tremonti che l’edilizia sociale è diventata un programma nazionale di successo. La seconda è la Fondazione con il Sud che è oggi l’unico strumento per sostenere l’infrastruttura sociale nel Mezzogiorno. Infine, vorrei citare i programmi per estirpare la povertà educativa infantile in Italia e a Milano. I sussidi o i buoni scuola alle famiglie sono importanti, ma la povertà educativa si batte solo con le comunità educanti, che sono ben altra cosa.

Ma come si è costruito questo Terzo Pilastro? Lo storico e politico francese, Alexis Tocqueville, andato negli Stati Uniti nel 1831/32 per studiare gli ordinamenti democraticistatunitensi e la vita politica e sociale di quella prima e grande democrazia moderna, di ritorno in Europa, nell’opera fondamentale De la démocratie en Amerique, non senza sua sorpresa, evidenziò la presenza di una componente del tutto nuova, la «comunità».

Il termine «comunità» è studiato dai sociologi, ma la sua sostanza affonda nel bisogno umano di creare legami, di riconoscersi negli altri, di vivere insieme. Gli studiosi dicono che sono comunità i gruppi sociali con una base territoriale, linguistica, religiosa, politica comune. In definitiva, l’idea di comunità richiama un bisogno di identità ed è per questo motivo che la comunità non può essere una cosa immateriale, a distanza. Lo abbiamo visto con la scuola che con la didattica a distanza si snatura. Spesso è la politica che tradisce i bisogni di comunità, sia quando impone uno statalismo stupido sia quando propone cattivi modelli di comunità fondate sul sangue, sulla razza, su false ideologie.

De Gasperi aveva molto chiaro che le comunità e gli Stati sono soggetti speciali che devono trovare un equilibrio in valori sociali e spirituali più alti. De Gasperi conosceva il problema perché è stato figlio della disgregazione di un Impero e perché capiva bene l’importanza delle relazioni internazionali. Da deputato italiano di un ormai fragile Impero e da capo del governo di una nazione sconfitta e che si era macchiata di molti torti, aveva ben chiaro che la politica internazionale è la base di ogni politica interna. Nei quasi dieci anni in cui fu Presidente del Consiglio è stato per ben quattro anche ministro degli Esteri. In De Gasperi vi era la dialettica tra la sua coscienza di cittadino trentino e poi italiano, sempre puntuale e fiera, e la sua coscienza di cattolico, di figlio di una religione universale ma anche di un ordine politico e giuridico, quello cattolico romano, che De Gasperi prese sempre a modello contro i nazionalismi.

Rileggendo le lettere di De Gasperi nella bella edizione digitale del suo epistolario capisco quale fosse la radice dell’ostinata concezione della laicità che lo pose talvolta in conflitto con la Curia vaticana e anche con papa Pio XII, che gli negò un’udienza con la sua famiglia. E anche se da Presidente del Consiglio dovette stigmatizzare questo rifiuto, mai dalla sua bocca o dalla sua penna uscì una parola cattiva contro il messaggio evangelico e contro la Chiesa. Vorrei allora dire che la sua santità, di cui si torna a parlare, non è e non dovrebbe essere di tipo ecclesiastico o devozionale, ma piuttosto politico, un esempio di eroismo nel difendere la libertà, la democrazia rappresentativa e lo Stato di diritto.

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https://www.degasperitn.it/79070/Testo-lectio-degasperiana-2021-G.-Guzzetti.pdf