Un incontro che cambia la storia
L’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, è una delle festività più importanti della Chiesa cattolica. Una data significativa nel calendario liturgico ma anche un momento simbolico per la storia dell’impegno dei cattolici nella società italiana.
Proprio l’8 dicembre 1841, Don Giovanni Bosco incontrò il giovane muratore Bartolomeo Garelli nella sacrestia di San Francesco d’Assisi, a Torino. Da quel dialogo — semplice ma rivoluzionario nella sua umanità — nacque l’Oratorio Salesiano, destinato a incidere profondamente sulla cultura dell’educazione.
Torino e la questione sociale dei giovani
Tutto avviene in una Torino che viveva gli effetti più duri della prima industrializzazione: migliaia di adolescenti lavoravano nelle fabbriche senza tutela, istruzione né prospettive. Povertà urbana e migrazioni interne alimentavano tensioni sociali che né lo Stato né il mondo produttivo erano in grado di affrontare.
Il Sistema Preventivo: educazione come giustizia
In questo contesto Don Bosco mise in atto un modello innovativo di intervento sociale: accoglienza dei giovani lavoratori e dei minori soli; alfabetizzazione e istruzione di base; formazione professionale; attività ludico-ricreative; costruzione di una comunità educativa stabile.
Un approccio integrato, vicino a ciò che oggi gli studiosi definiscono “educazione di comunità” e “welfare generativo”: un sistema capace di far crescere risorse, non solo di assistere bisogni.
Il suo “Sistema Preventivo” — fondato su ragione, religione e amorevolezza — è un modello educativo orientato a generare autostima, disciplina non autoritaria, cooperazione e cittadinanza attiva.
Radici cristiane, frutti sociali
L’esperienza salesiana dimostra che l’educazione è la prima forma di giustizia sociale. Un cristianesimo vissuto sul terreno dei diritti, dell’inclusione, del protagonismo civico delle giovani generazioni: capace di incidere nelle strutture sociali e di anticipare molte delle istanze che ritroveremo nella Rerum Novarum e poi nella Quadragesimo Anno.
Una presenza attiva nella democrazia italiana
Nel cammino della giovane democrazia del nostro Paese, gli oratori e i centri di formazione professionale salesiani hanno sostenuto le comunità nei loro bisogni essenziali: contrastando la dispersione scolastica, accompagnando i giovani al lavoro qualificato, creando spazi di aggregazione, promuovendo integrazione, collaborando con le istituzioni nel contrasto alla povertà educativa.
Un modello per l’oggi: non una bandiera, ma una scelta di bene comune
In un’Italia dove i giovani vivono precarietà, disuguaglianze territoriali e nuove fragilità, la prassi salesiana — letta nel solco del cattolicesimo democratico e sociale — offre un riferimento credibile per una coesione sociale rinnovata.
Un invito alle Istituzioni a ripensare le politiche giovanili come politiche di comunità e alla società civile a riscoprire il valore delle reti educative territoriali.
Non si tratta di attribuire agli eredi di Don Bosco un’appartenenza politica. La loro storia, cultura e prassi educativa hanno contribuito — e contribuiscono ancora — alla costruzione di una democrazia sostanziale, fondata sul rispetto della persona e sulla promozione del bene comune.

