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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Leggi giuste e leggi sbagliate. La vicenda Open arms, paradigma di disumanità.

Salvini non è sotto processo per aver contrastato l’immigrazione clandestina (fenomeno creato peraltro da leggi eccessivamente restrittive), ma per aver violato delle norme del Codice penale e del Diritto internazionale.

Se Salvini è colpevole o meno lo deciderà il Tribunale di Palermo innanzi al quale si sta svolgendo il processo per il sequestro di persona ai danni delle 147 persone (tra le quali trenta bambini) che erano a bordo della nave della Ong Open Arms nell’Agosto del 2019. La riflessione che va fatta riguarda invece l’assoluta inopportunità dei commenti che hanno accolto non già una sentenza (non presente in questa fase del processo) ma addirittura la requisitoria del Pubblico ministero, ovvero un atto che ha valenza e rilevanza all’interno del processo e che solo in quel contesto può essere valutato in modo pertinente dai soggetti aventi titolo.

Oltre l’interessato che – prescindendo completamente dal merito della questione – ha cercato di drammatizzare la situazione, è intervenuta anche la Presidente del Consiglio con commenti politici assolutamente fuori luogo e decontestualizzati dal quadro giuridico della vicenda. È grave anche il maldestra mobilitazione della piazza contro i magistrati nel tentativo di eludere il vero nodo della questione, ovvero il fatto che un ministro ha lasciato deliberatamente alla deriva una nave piena di persone al fine di trarne un vantaggio politico in termini di consensi. Si tratta di una importante questione di principio, perché attraverso questa vicenda si cerca di sdoganare un criterio secondo il quale per motivi di mera convenienza politica si possono trasgredire le leggi. Mentre invece in una democrazia sostanziale (e non solo formale!) la ricerca del consenso non può mai giustificare delle deroghe rispetto alla normativa vigente, come anche rispetto alla divisione di poteri tra le diverse istituzioni. Il punto è che Salvini nel momento in cui dal Viminale disponeva il blocco della nave era consapevole di commettere un reato; nonostante tutto ha proseguito nella sua azione illecita, animato dall’insana convinzione che il ruolo di ministro gli conferisse un’impunità rispetto alle norme che tutti siamo tenuti a rispettare. Ma eravamo nell’Agosto 2019, nell’estate del Papete, della richiesta dei “pieni poteri” e di altri eccessi salviniani a causa dell’ubriacatura post-elezioni europee per i buoni risultati conseguiti dalla Lega due mesi prima. 

Salvini non è sotto processo per aver contrastato l’immigrazione clandestina (fenomeno creato peraltro da leggi eccessivamente restrittive), ma per aver violato delle norme del Codice penale e del Diritto internazionale in relazione all’obbligo di salvare chiunque si trovi in difficoltà in mare. È vergognoso che a difesa di quel gesto di arroganza sia stata evocata la difesa dei “sacri confini” come se fossimo in presenza di un esercito invasore, anziché di una nave piena di persone stremate e disperate in cerca di un approdo; una vicenda che è un vero e proprio paradigma di disumanità.

Chi crede che il rispetto di donne e uomini, in ogni condizione e situazione, sia un valore assoluto e irrinunciabile di primaria importanza, ha il diritto-dovere di disobbedire alle “leggi sbagliate” in quanto non rispettose della dignità della persona umana. Restiamo umani e il carattere di sacralità riconosciamolo alle persone e non ai confini.