Di fronte al baratro evocato da Mattarella l’Europa deve assumere misure eccezionali. È una spinta decisiva per avanzare sul terreno dell’integrazione, unico rimedio al tarlo del burocratismo che molti denunciano da anni, in modo strumentale, al solo scopo di gettare fango sulle istituzioni comunitarie. Ieri Ursula von der Leyn ha fatto un discorso impegnativo, forse il migliore della sua lunga presidenza. Ha detto con chiarezza che l’Europa deve ambire a un livello più alto di unità, per costruire solide condizioni di indipendenza. Finora, in verità, non lo si era mai affermato con tale forza e concretezza: l’obiettivo strategico consiste pertanto nel compiere il salto verso un’Europa davvero indipendente, con tutto ciò che ne consegue in termini di scelte oculate nel campo delle nuove tecnologie, dei servizi ad alto valore aggiunto e, necessariamente, della politica militare.
Nei giorni scorsi, su una mozione all’esame del Parlamento di Strasburgo sull’ingresso dell’Ucraina in Europa in tempi più ravvicinati, Lega e Movimento Cinque Stelle hanno votato contro, mentre si sono espressi a favore Fratelli d’Italia, Forza Italia e Partito democratico. Kiev, per i nostri populisti, può attendere, È uno dei vari episodi da cui si può ricavare la conferma di come l’antieuropeismo si accompagni a una tendenza assai pericolosa a compiacere lo zar del Cremlino, sottovalutando la minaccia del neo-imperialismo russo. C’è un problema di credibilità della politica estera italiana a cui provvedere in tempi medio-brevi con un profondo riordino delle alleanze politiche. Impossibile nascondersi che nel bipolarismo si annidano pesanti contraddizioni, frutto del distorto e ambiguo passaggio dalla prima alla seconda repubblica (per usare una terminologia poco corretta ma facilmente comprensibile).
Se vogliamo un’Europa indipendente, e quindi se stimiamo onorevole e corretto l’indirizzo della Von der Leyen, abbiamo la necessità di stringere un nuovo “patto costituzionale” a sostegno di questa strategia. Nessuno deve rinunciare alle proprie identità, ma i “responsabili” della maggioranza e della opposizione devono almeno convergere, in via di principio, sul comune ancoraggio a un futuro di più Europa. Naturalmente, chi muove dalla tradizione (democristiana) di De Gasperi e degli altri Padri fondatori, oggi può rivendicare il diritto a una riproposizione aggiornata dell’europeismo come orizzonte di una politica di libertà e solidarietà, con impegni sempre più stringenti. Serve presidiare e sostenere il grande processo di rilancio dell’Europa. È soprattutto qui l’identità, ma anche la coscienza del momento storico, a cui il cattolicesimo politico è chiamato a riferirsi. Non può mancare questa voce.