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venerdì, 6 Giugno, 2025
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L’Europa nella ruota del criceto. Ursula spinge, ma resta ferma

Von der Leyen rilancia l’Unione, ma il baricentro resta Berlino. Debito comune rimosso, bilancio inadeguato, strumenti insufficienti: Bruxelles corre a vuoto, intrappolata nel suo immobilismo.

Nei giorni scorsi, ricevendo il premio Carlo Magno, Ursula von der Leyen ha dato una visione politica sul futuro dell’Unione, elencando quattro priorità: una Pax Europea, innovazione e competitività, riunificazione del continente e rafforzamento della democrazia.

In realtà, sembrano più le priorità del governo tedesco, come già successo nel caso della risposta alla crisi dei prezzi dell’energia, disegnata secondo le esigenze di Berlino, o nella ratifica del Mercosur e come presto sarà sugli aiuti di Stato.

Il bilancio che non risponde alle crisi

A fine mese la Commissione fisserà i principi sui sussidi pubblici per questa legislatura e dazi, spese per la difesa, gli interventi programmati da Merz in infrastrutture richiedono la riapertura dei rubinetti. Lo stesso rapporto Draghi è usato solo nelle parti che rispondono ai bisogni tedeschi, scartando il resto, a partire dall’appello a un nuovo strumento di debito comune.

Anche per il bilancio pluriennale dell’Unione europea che dovrebbe essere presentato a metà luglio, la premessa è corretta, cioè il bilancio era pensato per un mondo che non esiste più, quello pre2020. Bene anche l’idea di una sorta di assegno unico pre-allocato per ciascuno Stato membro che comprenda i fondi per la coesione e per l’agricoltura. Ma questo non basta.

 

Il criceto europeo nella ruota

Il Quadro finanziario pluriennale europeo vale per 7 anni, ha poca flessibilità ed è allo stesso tempo limitato e frammentato. Basti pensare che le crisi senza precedenti degli ultimi cinque anni sono state affrontate con meno del 4% per cento del Qfp. Che, a specchio, significa che il 96% del bilancio europeo non è in grado di rispondere a crisi ed emergenze: una cifra che rappresenta quanto alto sia il livello di inadeguatezza degli strumenti a disposizione dell’Ue.

Vero è che i governi nazionali non sono propensi a spendere di più, ma la buona politica è anche prendere scelte impopolari, soprattutto se è l’unico modo per spezzare il circolo vizioso degli ultimi 10 anni: si critica l’Europa, senza dare all’Ue gli strumenti per fare di più e meglio.

Questo ha portato al successo forze populiste e se vince chi urla di più contro Bruxelles, l’Ue ne esce cornuta e mazziata. Ed è tempo che il criceto smetta di correre dentro la ruota, perché è a rischio lo stesso percorso di integrazione europea.