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lunedì, 9 Giugno, 2025
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L’europeizzazione della destra è un obiettivo strategico. Parola di Fabbrini

Senza escludere le forze sovraniste e antieuropeiste dall’area di governo, il sistema politico resterà prigioniero delle ambiguità intrinseche alla storia della destra. Serve un centro politico che sia flessibile ma intransigente sulla “linea”.

Sergio Fabbrini, sul Sole 24 Ore di ieri, ripropone con lucidità un tema decisivo: l’Italia non può permettersi una destra dimezzata, atlantista nella forma e sovranista nella sostanza. Il Paese ha bisogno di una politica estera coerente con le sue scelte storiche e costituzionali, non di un equilibrio instabile tra nostalgie identitarie e adesioni tattiche.

 

Una sfida che riguarda tutti

Fabbrini osserva che “il governo Meloni ha dimostrato affidabilità nel rispetto delle regole fiscali e nel sostegno all’Ucraina”. Tuttavia, questi risultati non bastano a definire una linea duratura: “Sono conquiste tattiche, non ancora l’esito di una strategia fondata sull’interesse nazionale europeo dell’Italia”. In altri termini: l’allineamento non è strutturale, ma precario, soggetto al compromesso tra le diverse anime della maggioranza.

Alla lunga questa contraddizione mina la credibilità del Paese. L’integrazione europea richiede scelte di campo nette, visioni lunghe, leadership consapevoli. “Siamo un Paese piccolo in un mondo grande”, ricorda Fabbrini, e l’unica via per non essere irrilevanti è diventare pienamente europei.

Il precedente storico del Pci

Nell’articolo viene presentato un parallelismo illuminante con la parabola del PCI: “La transizione della sinistra comunista verso la socialdemocrazia europea è stata lunga, difficile, ma alla fine costruttiva”. Uomini come Giorgio Napolitano furono protagonisti di quel passaggio, pagando prezzi politici ma aprendo il sistema democratico italiano all’Europa.

Oggi la destra è chiamata a una prova simile. Ma – si chiede l’editorialista – “chi sarà il Napolitano della destra?”, ovvero chi potrà gestire il passaggio da un nazionalismo di difesa a un europeismo di proposta? Giorgia Meloni, pur avendo rafforzato il suo profilo internazionale, non ha chiarito la sua visione dell’Europa: “Ha criticato l’Europa di Ventotene, ma qual è l’Europa che ha in mente?”.

 

Il contributo di un centro flessibile nel confronto e saldo nei principi

In effetti, la risposta non può venire da una spinta tutta interna alla destra, senza alcuna pressione esterna. La prospettiva evocata da Fabbrini esige, al contrario, un profondo cambiamento. E qui, sull’asse di un confronto rigoroso e costruttivo, può valere l’azione di un “centro” radicato nei valori democratici e nel disegno europeistico, in grado di esercitare un ruolo di stimolo e riequilibrio. Un centro flessibile nell’arte del dialogo ma  intransigente sulla “linea”, ovvero saldo nei principi.

Solo un centro così, ad oggi ancora labile nei suoi contorni ideali e programmatici, potrà contribuire al necessario  “taglio delle ali” per battere le derive populiste e antieuropee, non con l’arma della vuota discriminazione ideologica, ma con la forza della coerenza e della proposta. Questo (forse) aiuterà la destra a liberarsi dal suo retaggio di ambiguità; e così, auspicabilmente, l’intero sistema politico potrà evolvere e maturare, riconoscendo nell’Europa non un vincolo, bensì un destino da leggere con passione e intelligenza.