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sabato, 7 Giugno, 2025
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 L’India inaugura ponti, l’Italia li annuncia

Mentre Modi inaugura l’opera più ardita dell’ingegneria ferroviaria mondiale, il governo italiano rilancia il Ponte sullo Stretto, ma la posa della prima pietra resta ancora nel limbo delle buone intenzioni. Si  parte entro fine 2025?

Narendra Modi ha appena inaugurato il ponte ferroviario più alto del mondo, sospeso a 359 metri sopra il fiume Chenab, nel cuore del Jammu e Kashmir. Un’opera da 5,1 miliardi di dollari, lunga 1,3 chilometri, che attraversa una regione ad alta complessità geologica e geopolitica. Attorno, 36 tunnel per un totale di 119 chilometri.

Il governo indiano ha impiegato meno di 20 anni per trasformare un’idea in infrastruttura. In Italia, invece, dopo più di 50 anni di dibattiti e studi, il Ponte sullo Stretto di Messina è ancora un titolo in cerca di contenuto.

Italia e India a confronto

I numeri parlano da soli:

  • Ponte Chenab: 1,3 km, 5,1 miliardi $, altezza 359 m, 36 tunnel, operativo dal 2025.
  • Ponte sullo Stretto (progetto attuale): 3,6 km, 12 miliardi € (stimati), altezza 65 m (impalcato), campata unica di 3,3 km, prima pietra promessa nel 2024, ancora non posata nel 2025.

Il governo Meloni ha riattivato il progetto nel 2023 con una legge speciale e l’inserimento nei documenti programmatici, ma il cantiere non è partito. La posa della prima pietra, simbolicamente prevista entro la fine del 2024, non si è concretizzata. Le opposizioni locali e i rilievi tecnico-ambientali rallentano ogni mossa.

La visione: costruire ponti per unire

Il ponte Chenab non è solo un’opera ingegneristica: è una dichiarazione politica. Il Presidente Modi,  nella cerimonia di inaugurazione, ha affermato: «Questo ponte non collega solo due sponde: collega cuori, comunità, sogni. È una meraviglia dell’ingegno indiano e un motore di pace e progresso per il Kashmir».

Il ponte è pensato per dare sicurezza, accesso, speranza a una regione storicamente instabile.

Italia ferma sullo Stretto

In Italia, invece, si continua a parlare di ponte come simbolo. Ma senza trasparenza, senza cantieri avviati, senza uno sguardo condiviso tra Stato e territori, tutto rischia di restare retorica.

Il paradosso è che un’infrastruttura come quella sullo Stretto avrebbe davvero senso: accorcerebbe l’Italia, integrerebbe due regioni chiave, creerebbe occupazione e mobilità sostenibile.

Ma finché mancheranno volontà condivisa e realismo progettuale, l’unico ponte concreto resterà quello tra un annuncio e l’altro.