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sabato, 5 Luglio, 2025
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L’invenzione dello spazio al centro: non tutto è destra o sinistra

Tra l’illusione renziana dell’alleanza con la sinistra e la pretesa dell’identitarismo liberal-liberista, c’è spazio per una terza via. Purché sia autonoma, pragmatica e inclusiva.

Gentile Direttore,

ricordo che l’estate scorsa, insieme al caldo, si sentiva un gran vociare di operazioni centriste in vista delle elezioni europee. È passato un anno, alle europee nessuna lista centrista ha superato lo sbarramento, e noi, poveri elettori, continuiamo a navigare spaesati in cerca di una casa che nessuno sembra avere il coraggio e la pazienza di costruire. Nel mentre è tornato il caldo e, come se fosse una chiacchiera da ombrellone, ricominciano a circolare voci su aggregazioni neo-centristi.

Le illusioni estive del centro

Tutto questo gran parlare ha un grosso difetto: come ogni chiacchiera da ombrellone, tornati in città si dimentica velocemente. A noi, poveri elettori in cerca di un tetto, rimane solo la speranza che prima o poi qualcuno ci vorrà dare una casa.

Ad oggi le opzioni più quotate sembrano essere due, distinte e apparentemente inconciliabili. Entrambe sono accomunate da una sola cosa: rischiano di essere sbagliate e distruttive. Per semplicità, non me ne voglia nessuno, le identificherò come alternativa Renzi e alternativa Calenda, sfruttando il cognome dei leader che le spingono e che hanno maggiore rilievo mediatico.

 

L’alternativa renziana all’interno del campo largo

L’alternativa Renzi è la costruzione di una tenda riformista che abiti, a prescindere da programma e leader, nella coalizione del centrosinistra. In questo scenario si muove, ovviamente, Italia Viva, Più Europa, la rete civica dell’assessore Onorato e anche Demos (sebbene il loro programma sembri essere più vicino a realtà come AvS rispetto a Renew Europe). Curiosamente questo progetto sembra essere spinto anche da personalità al di fuori di questo ambito culturale e politico, come Goffredo Bettini.

Questa opzione ha un gran vantaggio: inserirsi nel centrosinistra consentirà di beneficiare della ripartizione dei collegi uninominali (sempre che non cambi la legge elettorale) e garantire che un cospicuo numero di deputati e senatori di queste liste siano eletti nella prossima legislatura. Non solo: se addirittura il centrosinistra dovesse vincere le elezioni – scenario a cui io non credo, ma perché porre limiti alla fantasia – alcuni centristi potrebbero anche partecipare alla compagine governativa.

Finora qualcuno potrebbe dire: perfetto, no? Invece il tranello si nasconde proprio qui. I futuri deputati e senatori, gli improbabili ministri e sottosegretari, quale programma porterebbero avanti? Quello centrista o quello della sinistra? Perché oggi appare chiaro – lo è ancora di più dopo il referendum e le piazze dello scorso giugno – che il programma del campo largo è stato già scritto da PD-M5S e AvS, e non sembrano essere disponibili a trattative per cambiarlo.

Gli esponenti di queste liste centriste allora cosa farebbero nel caso in cui il futuro ministro del Lavoro dovesse proporre l’abolizione del Jobs Act? Oppure quale posizione adotterebbero se il futuro ministro degli Esteri dovesse presentarsi in Parlamento dicendo di essere a favore di una Palestina che va dalla terra al mare? E se il ministro della Difesa dovesse negare il sostegno alla martoriata popolazione ucraina o la presenza dell’Italia nell’alleanza atlantica, cosa voterebbero i rappresentanti eletti nella tenda riformista? Approverebbero tutto, persino la proposta di una nuova patrimoniale o nuove aberranti leggi giustizialiste?

Credo che ora sia chiaro qual è l’errore dell’opzione Renzi. Ben venga costruire una tenda riformista, ma questo progetto non può accettare a priori di far parte del centrosinistra senza negoziare un programma di governo serio e con paletti invalicabili, altrimenti si rischia di effettuare un’operazione di “center-washing” del campo largo massimalista. Non solo: forse alcuni sostenitori potrebbero anche cadere nel tranello, ma la maggioranza degli elettori centristi, annusata l’aria, farebbe mancare il proprio voto a questa tenda riformista, rendendo anche inutile l’operazione per i soci dello stesso campo largo.

L’alternativa fuori dagli schieramenti: la “solitudine” di Calenda

L’alternativa Calenda, invece, è identitaria: costruire una forza terza, autonoma senza se e senza ma da entrambi gli schieramenti. Questo filone è perseguito da Azione, dal Partito Liberal Democratico e credo anche dagli amici popolari di Tempi Nuovi. È l’opzione che salva la coscienza, che impedisce di fare accordi con il diavolo, l’alternativa centrista dura e pura. Non ci saranno bocconi amari da assorbire, né voti con il naso turato da apporre in Parlamento, sempre se ci si arriva in Parlamento (le europee insegnano).

Questa operazione sarebbe perfetta se la legge elettorale fosse un proporzionale puro, con soglia di sbarramento relativamente bassa e senza premio di maggioranza. Ma non possiamo leggere il mondo con gli occhiali che vorremmo avere. Oggi non è questa la legge elettorale presente in Italia, e i rumors di questi giorni non indicano il ritorno al proporzionale semplice, quanto piuttosto un proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento in linea con le elezioni europee.

Annusata ancora una volta l’aria, l’elettore centrista potrebbe decidere di evitare di gettare il proprio voto, come alle scorse europee, e, impaurito dal programma del campo largo enunciato prima, rifugiarsi o nell’astensione o addirittura nel voto a Forza Italia, per provare a rafforzare l’animo moderato della coalizione che con molta probabilità vincerà nuovamente le elezioni.

Lunica via: una federazione autonoma

Se allora entrambe le alternative nascondono tranelli, qual è la soluzione? La costruzione di una vera tenda centrista: una federazione dove tutti i centristi all’opposizione della destra possano trovare il loro spazio e la loro dignità, che non ponga veti all’alleanza con la sinistra ma che non sia obbligata a partecipare a una coalizione di governo se non ne condivide il programma. Il campo largo non vorrà modificare il proprio programma? Pazienza, ce ne faremo una ragione e rappresenteremo da soli – senza campi larghi – in autonomia, le istanze di tutti gli elettori riformisti.

Una forza del genere, che potrebbe oscillare tra l’8 e il 10%, sarebbe decisiva per le attuali opposizioni per poter vincere e battere il centrodestra.

Per questo motivo, una vera e forte tenda centrista (non divisa tra Renzi e Calenda e mille altre sigle) avrebbe tutte le carte in regola per non subire un programma inadeguato ma per negoziare un’alleanza rispettosa delle istanze democristiane, liberali, socialdemocratiche e repubblicane. Insomma, una vera forza centrista sarebbe in grado di obbligare il centrosinistra a dismettere i panni di una coalizione massimalista, per maturare ed essere una vera alleanza di riformisti.