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martedì, 2 Dicembre, 2025
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L’Italia senza elettori: quando la democrazia decide con la metà del Paese

Il voto si restringe, il consenso è minoritario e il potere si misura su percentuali di partecipazione sempre più basse. La politica smarrisce il popolo, che attende rappresentanza, visione e futuro.

Il popolo premia”: lo slogan che nasconde la realtà

Il ritornello si ripete ormai identico ad ogni tornata elettorale, a destra come a sinistra: il popolo è con noi, ci ha premiato (dicono i vari capi e capetti di partito).

Ormai non fa più neanche testo la nuda e dura realtà che ad ogni elezione i cittadini partecipanti al voto si assottigliano sempre più, al punto che anche la meta di raggiungere il cinquanta per cento degli aventi diritto rappresenta una chimera.

Potremmo dire che siamo di fronte ad una democrazia minoritaria; ossia la minoranza dei cittadini decide la classe politica e di governo.

Se paragoniamo questi dati a quelli della Prima Repubblica, balza subito agli occhi il progressivo distacco dei cittadini dalla politica, dall’impegno politico, dalla partecipazione attiva alla vita della res publica e della polis.

La ricerca di un voto in più: potere contro responsabilità

Eppure tutto questo dovrebbe preoccupare i leader politici attuali; invece sembra che questa non sia minimamente una preoccupazione.

Si guarda, in altre parole, a prendere un voto in più del partito e della coalizione contrapposti, cioè si gioca unicamente per il potere, per la gestione del potere.

Bisogna abituarsi a questa triste situazione che non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica? Oppure è necessario un nuovo impegno, una nuova assunzione di responsabilità proprio di chi in questa situazione si è allontanato da questa politica, ma soprattutto da questi partiti di governo e di opposizione?

La risposta non può che essere affermativa. Ma su quali basi e in che modo?

Non astensione, ma attesa: un popolo senza rappresentanza

Se si analizza con un po’ di oculatezza la vicenda di chi diserta sistematicamente le urne, si scoprirà non solo che si tratta di cittadini che non si riconoscono negli attuali partiti costituiti, ma allo stesso modo che non si tratta di gente che rifiuta l’impegno politico, ma, al contrario, è in attesa di qualcosa di politicamente nuovo, di qualcosa capace di sgretolare il terreno al quale sono aggrappati centrodestra, da un lato, e centrosinistra, dall’altro.

Non sono pochi gli analisti che individuano questo sempre più corposo numero di cittadini con l’esigenza (che viene rispolverata da più lustri in ogni tornata elettorale, ma che fallisce sistematicamente così come nasce) di un centro politico capace non solo di saper mediare tra estremismi ormai quasi eticamente incontrollabili, ma anche di saper governare un Paese le cui sacche di povertà aumentano sempre di più.

Persino Ernesto Galli della Loggia (che non è mai stato un cultore del centro, anzi) oggi ritiene indispensabile la sua funzione non solo mediatrice, ma soprattutto di governo, di buon governo.

Il centro non basta: serve un programma e una visione

Il problema è che da solo il centro non basta, ossia il semplice evocarlo non rappresenta di per sé la formula magica capace di uscire da una impasse politica e di rappresentanza che si aggrava con il passare del tempo.

Sturzo ci ha insegnato che una semplice posizione politica non basta, non convince i cittadini.

Al centro come punto geometrico equidistante tra destra e sinistra occorre dare un programma politico credibile, realizzabile, capace di incarnare le attese dei cittadini.

Diversamente non solo la democrazia sarà sempre più minoritaria, ma consegneremo le sorti di vita della stragrande maggioranza delle popolazioni nelle mani delle oligarchie economiche che guardano soltanto agli affari e non al bene comune dei popoli amministrati: Trump e Putin rappresentano gli esempi più eloquenti.