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venerdì, 13 Giugno, 2025
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Lite al governo, diviso su terzo mandato e fisco. Scontro plateale sulle tasse tra Giorgetti e Meloni

Roma, 10 giu. (askanews) – All’indomani del coro di entusiasmo unanime per la “disfatta” del centrosinistra al referendum, la maggioranza si divide sul terzo mandato e sul fisco. Lo scontro più plateale avviene sulle tasse tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e va in scena agli Stati generali dei commercialisti dove la premier interviene, a sorpresa, di persona.

Fino ieri sera attesa solo in videomessaggio, alle 10,30 invece Meloni compare al centro congressi La Nuvola all’Eur e si impegna tra gli applausi: “Intendiamo concentrarci oggi sul ceto medio” che “rappresenta la struttura portante del sistema produttivo italiano e spesso è quello che avverte di più il peso del carico tributario. Si tratta di tendere mano a milioni di persone che si sono sentite vessate dal fisco”. La premier fa felice Forza Italia per cui “l’attenzione al ceto medio è da sempre una priorità” mentre Giorgetti, ministro leghista, la ascolta dal vivo, e, prima di lasciare l’evento rinunciando a intervenire dal palco come inizialmente previsto, dice ai cronisti che per il taglio fiscale al ceto medio “ci sono ancora due anni e mezzo”.

Commento gelido perché non è un mistero che il taglio dell’Irpef, che costerebbe all’incirca 3/4 miliardi, sia alternativo alla pace fiscale tanto cara al partito di Matteo Salvini che, non a caso, qualche ora dopo, diffonde una dichiarazione in merito: “Per la Lega e per il Governo una giusta, attesa e definitiva pace fiscale, una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che stanno bloccando l’economia del Paese, sono una priorità, anzi una emergenza”. In realtà i due blocchi di cui si compone la pace fiscale leghista sono fermi in commissione Finanze al Senato: il ddl a prima firma del capogruppo Massimiliano Romeo sulla rateizzazione a lungo termine di carichi fiscali, contributivi e di altra natura è stato assegnato in sede redigente e illustrato dal relatore Massimo Garavaglia (Lega) a febbraio, sull’indagine conoscitiva sulla rottamazione quinquies si sono svolte le audizioni e tutto è fermo ai primi di aprile.

Il comunicato di Salvini che rilancia la pace fiscale arriva al termine del vertice a Palazzo Chigi dove il leader della Lega ha discusso per circa un’ora con Meloni, Antonio Tajani, Maurizio Lupi e Carlo Nordio del provvedimento sul fine vita atteso in aula al Senato a metà luglio. Ufficialmente nella sede del governo non si è parlato né di tasse né di terzo mandato, altro tema che divide la maggioranza con Forza Italia che resta contraria anche dopo l’apertura di Fratelli d’Italia ad approvare una norma che consenta al governatore del Veneto Luca Zaia di ricandidarsi. “Noi siamo contrari” al terzo mandato “ed è una posizione che abbiamo sempre avuto: siamo pronti ad ascoltare sempre tutti” ma “il terzo mandato poi devi farlo anche per i sindaci e diventa una cosa troppo complicata, non si può fare alla vigilia del voto ma siamo contrari proprio al principio. Le incrostazioni di potentati rischiano di essere dannose per i cittadini”.

La questione sarà oggetto del consiglio federale della Lega convocato domani alle 14,30 con all’ordine del giorno le elezioni regionali d’autunno. Sui nomi del centrodestra per le cinque regioni che andranno al voto non si registrano passi in avanti, tranne che per la ricandidatura nelle Marche di Francesco Acquaroli. Ma è un risiko che parte dal Veneto e dalla possibilità per l’attuale governatore di potersi ricandidare o meno. Il tempo per una norma che consenta il terzo mandato sono stretti. Esclusa l’ipotesi del decreto, l’idea sarebbe di inserire un emendamento a un provvedimento già all’esame del Parlamento avendo l’accortezza di scegliere un testo con una materia che risulti compatibile – gli enti locali ad esempio – e che non rischi di finire sotto la falce delle inammissibilità. Per procedere spediti tuttavia servono tutti i numeri del centrodestra e dunque un accordo anche con Fi che con la Lega ha aperto anche un altro fronte di tensione, quello sulla cittadinanza. Sempre Tajani oggi ha rilanciato la proposta azzurra dello ius scholae: “Non devo chiedere il permesso in Parlamento per presentare una legge. In politica si discute io non do ordini, ma nemmeno li prendo”.