12.1 C
Roma
lunedì, Marzo 17, 2025
HomeAskanewsL’Ocse taglia le previsioni di crescita, Pil Italia 2025 +0,7%

L’Ocse taglia le previsioni di crescita, Pil Italia 2025 +0,7%

Roma, 17 mar. (askanews) – L’Ocse ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica dell’Italia e globali, mettendo in guardia dai danni su fiducia e investimenti per la guerra commerciale che minaccia di innescarsi con i nuovi dazi dell’amministrazione Trump negli Usa, che porteranno anche più inflazione. Finora in Italia le ricadute di questa partita sono state limitate, ma essendo la sua una economia che esporta molto ne risentirà, se alla fine verranno adottati nuovi dazi anche contro l’Europa.

E in un aggiornamento di interim del suo Economic Outlook, l’organizzazione parigina ha anche esaminato le ricadute del piano di riarmo lanciato dalla Commissione europea (Rearm EU): in una situazione di debiti pubblici già elevati finirà per costringere i Paesi a compiere “dure scelte” sulla spesa pubblica.

Guardando alle cifre, ora per quest’anno in Italia l’Ocse pronostica un più 0,7% del Pil, cui dovrebbe seguire un più 0,9% nel 2026, rispettivamente di 0,2 e 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni dello scorso dicembre. Anche le previsioni sull’inflazione nella Penisola sono state riviste al ribasso, all’1,7% sulla media di quest’anno e all’1,9% sul 2026.

Per l’economia globale è atteso un più 3,1% del Pil quest’anno, cui dovrebbe seguire un più 3% nel 2026, di 0,2 e 0,3 punti percentuali più bassi rispetto alle stime dello scorso dicembre. Riviste al ribasso le previsioni di crescita dell’eurozona, al più 1% quest’anno e al più 1,2% il prossimo (in entrambi i casi -0,3 punti percentuali). Per la Germania ora stima più 0,4% quest’anno e più 1,1% il prossimo, per la Francia più 0,8% nel 2025 e più 1% del 2026, sulla Spagna più 2,6% nel 2025 e più 2,1% nel 2026.

Per gli Stati Uniti, l’ente parigino pronostica più 2,2% del Pil quest’anno e più 1,6% il prossimo, dati rispettivamente ridotti di 0,2 e 0,5 punti percentuali. Per il Giappone, l’Ocse stima più 1,1% del Pil del quest’anno e più 0,2% il prossimo, in entrambi i casi 0,4 punti percentuali in meno. Per la Cina più 4,8% quest’anno e più 4,4% il prossimo (0,1 punti in meno sul 2025), per l’India più 6,4% quest’anno e più 6,6% il prossimo.

L’Ocse precisa che queste previsioni si basano sull’assunto che i dazi commerciali tra Stati Uniti, Canada e Messico vengano aumentati di 25 punti percentuali addizionali su quasi tutti i beni importati a partire da aprile. Se invece alla fine risultassero più bassi, l’attività economica risulterebbe più elevata. In generale, persistono rischi elevati sulle previsioni, tra cui per una ulteriore frammentazione dell’economia, maggiori aumenti alle barriere sul commercio e maggiore inflazione, che implicherebbe politiche monetarie più restrittive da parte delle Banche centrali.

Lo studio contiene una simulazione secondo cui dazi commerciali supplementari per 10 punti percentuali su base permanente provocherebbero sui prossimi tre anni una diminuzione della crescita economica, sottrarreendo 0,3 punti percentuali al Pil sul terzo anno, e facendo contestualmente aumentare l’inflazione su scala globale per 0,4 punti percentuali l’anno in media. Secondo l’Ocse le ricadute sarebbero più accentuate per gli Stati Uniti, con una perdita di crescita economica pari a 0,7 punti percentuali di Pil nel terzo anno e un aumento inflazionistico in media di 0,7 punti percentuali l’anno.

In generale i nuovi dazi commerciali e le conseguenti incertezze opereranno come “un freno” sull’economia, in particolare per commercio internazionale e investimenti delle imprese. Inoltre queste misure finiranno per trasferirsi gradualmente ai prezzi finali dei beni, creando pressioni addizionali sull’inflazione in molti paesi e eventualmente richiedendo alle banche centrali di mantenere politiche monetarie restrittive più a lungo di quanto precedentemente previsto.

Nel suo Economic Outlook di interim, l’ente parigino afferma che l’elevato quadro di incertezza geopolitica e sulle misure in questione crea un rischio consistente sulle previsioni economiche. In questa situazione è difficile formulare pronostici ma una eventuale “proliferazione delle barriere al commercio internazionale e frammentazione dell’economia globale potrebbe creare impatti negativi avversi supplementari considerevoli”.

“L’Italia è un paese che esporta molto, quindi se c’è più protezionismo commerciale sarà coinvolta”, ha affermato il capo economista dell’Ocse, Alvaro Santos Pereira, rispondendo ad una domanda durante la conferenza stampa di presentazione. “Finora questi dazi non hanno avuto un grande impattato sull’Italia, all’Ocse non scontiamo al momento dazi supplementari anche se sappiamo che ci sono discussioni su questo e che potrebbero arrivare”. Nello studio, ha spiegato, si tiene conto solo delle misure effettivamente adottate e “finora non è successo nulla”. Ma “è molto probabile che questo avvenga, anche se continuiamo a sperare che non sia così”.

Nello studio l’Ocse rileva che l’Italia, assieme alla Spagna, la Turchia e il Brasile, è tra i Paesi in cui gli attuali tassi di disoccupazione risultano particolarmente bassi, rispetto ai livelli del 2018-2019. Ma al tempo stesso a fine 2024 i livelli dei redditi reali nella Penisola non risultavano ancora pienamente tornati ai valori precedenti al Covid, così come per Francia, Giappone e Sudafrica. Inoltre, nonostante le recenti debolezze delle Borse, i livelli dei mercati azionari dell’Italia, così come per Germania e Spagna, restano più elevati rispetto al novembre del 2024.

Un’altra analisi contenuta nel rapporto riguarda le ricadute del piano di riarmo a cui sta lavorando la Commissione europea. “La necessità di aumentare la spesa in difesa in molte economie europee sta già spingendo i Paesi a compiere dure scelte su tempi e la composizione dei piani di aggiustamento dei conti pubblici e sulla spesa”, dice l’Ocse.

Secondo l’ente parigino, in generale la disciplina sui conti pubblici è necessaria per assicurare la sostenibilità dei debiti, mantenere la capacità di reagire a eventuali crisi future e gestire le pressioni sulla spesa pubblica, attuali e future. L’Ocse raccomanda “azioni risolute” per garantire la sostenibilità dei debiti pubblici, tenendo conto delle ricadute dovute all’invecchiamento delle popolazioni, alle misure per mitigare i cambiamenti climatici e ai piani per rafforzare le spese in difesa, un altro chiaro riferimento, quest’ultimo, ai piani emanati dalla Ue.

Nel frattempo le spese per interessi sui debiti pubblici stanno aumentando in molte economie, mentre giungono a scadenza titoli di Stato che erano stati emessi a tassi più bassi e ora vengono rimpiazzati con obbligazioni con rendimenti più elevati. Gli Stati potrebbero fronteggiare anche richieste di misure addizionali per contrastare l’impatto dei dazi commerciali. I debiti pubblici già elevati potrebbero aumentare ulteriormente. L’Ocse raccomanda quindi sforzi per contenere la spesa e riallocarla in maniera studiata specificatamente per ogni Paese.(fonte immagine: OECD).