C’è un nome che sta accendendo le speranze del ciclismo italiano: Lorenzo Finn. Genovese, classe 2006, figlio di madre italiana e padre inglese, a 18 anni ha già messo in fila un palmarès da predestinato. Dopo il titolo iridato junior del 2024, è diventato campione del mondo Under-23 a Kigali, in Rwanda, scrivendo una pagina di storia che pochissimi prima di lui avevano osato immaginare. Nella categoria, solo Matej Mohorič era riuscito a centrare la doppietta iridata consecutiva.
Un predestinato in maglia azzurra
Fisico asciutto, 1,81 per 63 chili, Finn ha trovato la sua dimensione naturale in salita. Ma non è solo un “arrampicatore”: ha già vinto il campionato italiano a cronometro Under-23 e si è piazzato quarto al mondiale di specialità. Insomma, un profilo completo, che oggi corre per la Red Bull–Bora–Hansgrohe Rookies, vivaio d’élite per i futuri professionisti.
La corsa perfetta sulle strade di Kigali
Il mondiale U23 su strada, 164 chilometri con oltre 3.300 metri di dislivello, ha esaltato le sue qualità. Finn ha corso con intelligenza, restando al coperto nelle prime fasi, senza sprecare energie. Poi, quando il gruppo si è assottigliato, ha iniziato a controllare gli avversari con freddezza.
A sei chilometri dall’arrivo ha scelto il momento giusto: un’accelerazione secca in salita, che nessuno ha potuto seguire. Da lì, una cavalcata solitaria fino al traguardo, con mezzo minuto di vantaggio e una naturalezza impressionante. Più che una fuga disperata, un capolavoro tattico.
Le ragioni del successo
Il segreto di Finn sta nella combinazione tra doti fisiche e maturità tattica.
- Resistenza: sa distribuire lo sforzo, come i grandi interpreti delle corse a tappe.
- Attacco lucido: non agisce d’istinto, ma coglie il momento esatto in cui gli avversari mollano.
- Polivalenza: sa difendersi a cronometro, qualità che gli apre prospettive nelle classifiche generali.
- Mentalità: il passaggio da junior a Under-23, spesso traumatico, per lui è stato naturale. Segno di una testa già da professionista.
Dopo Nibali, un nuovo faro?
Per l’Italia, orfana dei successi di Vincenzo Nibali e in cerca di protagonisti credibili, Finn rappresenta molto più di una promessa. È la possibilità concreta di tornare competitivi ai massimi livelli, di rivedere un azzurro in lotta per le grandi corse a tappe.
Certo, la strada è lunga: serviranno una gestione attenta della crescita e un ambiente che lo protegga da pressioni premature. Ma i segnali sono incoraggianti. Se continuerà così, Lorenzo Finn non sarà solo il campione del mondo Under-23: potrà diventare la nuova bussola di un ciclismo italiano che ha bisogno di ritrovare rotta e orgoglio.