L’Osservatore Romano | 1941-1945. La Dc e i cattolici secondo Stefano Baietti.

Bisogna tornare indietro per guardare ancora più avanti. Ecco allora spiegata l'importanza del lavoro. L'opera, poderosa, indaga la complessa elaborazione dell'idea di ricostruzione dell'Italia e della costituzione della Dc.

Paola Petrignani

 

«Abbiamo bisogno di un sussulto di pensiero, di un nuovo umanesimo, di una nuova visione del mondo», ha affermato monsignor Vincenzo Paglia, Arcivescovo e Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervenendo la mattina del 28 giugno alla Camera dei Deputati per presentare il libro di Stefano Baietti L’idea di ricostruzione. Gli anni della prepolitica 1941-1945. L’impegno di Alcide De Gasperi e Sergio Paronetto per la costruzione della nuova democrazia italiana e la formazione poltica dei cattolici (Roma, Eurilink University Press, 2024, pagine 2230, euro 100). Ne abbiamo bisogno anche in Italia, ha proseguito Paglia, perché in un mondo fatto a pezzi dalle guerre, dove la politica sembra inaridirsi e le crisi si assommano creando un orizzonte buio in cui «l’uomo può facilmente distruggere se stesso e il creato», c’è bisogno di una scossa viva, nuova, creativa. Ma da dove ripartire, vista l’aridità, l’individualismo, che ci circonda? Da una visione comune, e dal desiderio (meglio ancora) di ricostruire secondo una visione comune, prescindendo da partiti e divergenze sterili. Da una pre-politica che accolga un pensiero veramente democratico. Un’impostazione che pure abbiamo già conosciuto, e che si può ritrovare in uno dei momenti più caldi della storia italiana, quando, nelle occasioni strappate alla violenza fascista e al controllo di regime, si andava ricostruendo il futuro dell’Italia postbellica filo a filo nei discorsi e nei dibattiti degli ex popolari, dei grandi e piccoli protagonisti della futura Repubblica, «nelle scelte e nelle prospettive ideali che coinvolsero le diverse componenti della società italiana, Santa Sede compresa, nella tensione della ricostruzione del Paese per tutti».

Bisogna tornare indietro per guardare ancora più avanti. Ecco allora spiegata l’importanza del lavoro di Baietti, oggetto sin da subito di grande dibattito tra coloro che sono intervenuti, oltre a monsignor Paglia, alla Camera, moderati da Giancarlo Pallavicini e Vincenzo Scotti: Agostino Giovagnoli, ordinario di Storia contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Giuseppe de Rita, sociologo e Presidente del Censis; Sebastiano Maffettone, filosofo e ordinario di Filosofia politica della Luiss Guido Carli, e Alberto Melloni, ordinario di Storia del cristianesimo dell’università di Modena-Reggio Emilia.

L’opera, poderosa, articolata in quattro volumi, indaga la complessa elaborazione dell’idea di ricostruzione dell’Italia e della costituzione del partito della Democrazia cristiana, documentando tutti i passaggi del formarsi di questa preparazione prepolitica, che predisporranno De Gasperi quale punto di riferimento per la ricostruzione del Pacse dopo il regime. Come ricordato durante la presentazione, centrale nel lavoro di Baietti, oltre all’immagine del grande politico di Pieve Tesino, è anche e soprattutto la figura di Sergio Paronetto, «economista dei fatti e non dei trattati» (come lo definisce Paolo Savona nella presentazione all’opera), già “allievo” di Montini (futuro Paolo Vi), militante di Azione cattolica e personaggio di spicco dell’Iri. Una figura chiave – «perno dei raggi di una ruota politica che avviò il Paese sulla strada della ripresa», scrive ancora Savona – la cui visione fu ampiamente prestata al servizio della rinascita di De Gasperi e di tutto il partito, sia attraverso la disposizione di studi di natura economica, che si riveleranno poi fondamentali per il futuro assetto dello Stato, sia attraverso quella capacità di mantenere aperto e proficuo il dialogo con le parti nei momenti cruciali della definizione della prima Repubblica: un «esempio di sapienza unitiva, nel rispetto delle differenze», come ha spiegato monsignor Paglia citando il dialogo con Togliatti e Concetto Marchesi.

Il tutto giocato appunto nel campo della prepolitica, una categoria molto dibattuta, del resto, durante l’evento (dibattito necessario nell’ambito della «diagnosi delle macerie», così come articolato da Melloni), e che viene indicata da Baietti come quel processo antecedente all’azione politica vera e propria (fatta di compromessi tra «oligarchi», come De Rita ha voluto definire i veri attori fondanti del nuovo assetto economico-politico della Penisola), e che pure risulta modulare, fatta di contenuti, strumenti e orientamenti concreti che, con il chiaro obiettivo di non lasciar spazio alla dialettica e alla contrapposizione sterile tra partiti (e quindi alla contrapposizione di ideologie che avrebbero solo innalzato muri laddove c’era bisogno di creare ponti), aveva come unico scopo la fondazione di una nuova unità, di una nuova pace, nel segno di un orientamento profondamente democratico, e profondamente cattolico.

Come sottolineato, bisogna infatti ricordare l’importanza effettiva dell’apporto dei cattolici, smossi a gran voce da Pio XII e della Chiesa tutta, «attore non belligerante» che ha assunto durante la guerra «una posizione di imparzialità, che non significa neutralità» – come ha precisato Giovagnoli -, e che anzi attraverso messaggi e radiomessaggi sollecitava alla pace e al coinvolgimento dei cattolici italiani nella preparazione stessa di questa pace. Quegli stessi radiomessaggi che richiamavano a gran voce una situazione quasi speculare alla nostra, ed è stato quindi palpabile il senso, condiviso da tutti i relatori, dell’importanza effettiva di un lavoro come quello di Baietti oggi: nella scelta di riprendere in mano una visione prepolitica delle cose, e facendo della figura di Alcide De Gasperi e soprattutto di Sergio Paronetto esempi di una nuova via possibile per non disperdersi più, usando nuovamente le parole di Savona, «nella dialettica degli opposti (come succede oggi)».

Una via a cui devono partecipare anche i cattolici, in un impegno rinnovato e creativo perché «anche ai cattolici spetta l’obbligo di immaginare un nuovo futuro», come ha ricordato monsignor Paglia. Non si può prescindere dalla propria responsabilità di fronte alla storia, e citando il cardinale Matteo Maria Zuppi, «bisogna avere il coraggio del noi!». Tornare a Camaldoli è quindi una vera e propria chiamata alla responsabilità e, soprattutto, alla responsabilità dei cattolici. Ancora, con le parole di Zuppi «lasciamoci ispirare dalla storia».

 

Fonte: L’Osservatore Romano.

Data: Venerdì 28 giugno 2024.

Titolo originale: Impegno rinnovato e creativo. 

[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del giornale ufficioso della Santa Sede]