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martedì, 9 Settembre, 2025
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Luci al centro

Il dibattito rilanciato da Nino Labate rimette al centro la questione dei cattolici in politica: nostalgia democristiana o nuova stagione di impegno civile e sociale?

Leggo sempre con interesse su questo giornale le riflessioni (sempre efficaci e foriere di nuove intuizioni) di Nino Labate.

La questione riguarda quel “benedetto” (o “maledetto”) centro politico al quale fanno riferimento in tanti e, ormai, da troppi anni senza che si riesca, come si suol dire, a cavare un ragno dal buco.

Dal Ppi ai cattolici disseminati nei partiti

Sono passati cinque lustri dalla fine del Partito Popolare, con in pompa magna coloro che con quella decisione ritennero di dare nuovo vigore a una presenza politica cristianamente ispirata con metodo diverso dal passato politico democristiano.

Forse ispirati dalle riflessioni e dai consigli di Pietro Scoppola, questi ex democristiani (e poi popolari) scelsero la famosa parabola del lievito di Gesù.

Ma ahimè! Sul piano politico essere solo lievito giova a ben poco se poi i numeri sono in mano ad altri. In altre parole, in politica contano i voti e, quindi, le maggioranze.

La sfida della rappresentanza unitaria

Ora, per tornare alle riflessioni di Labate e del suo articolo “Società secolarizzata e cattolici divisi: cos’è il centrismo, vocazione o condanna?”, è opportuno rilevare alcuni aspetti.

Anche chi scrive (e in più occasioni) ha sempre sostenuto che tornare nostalgicamente a quella che fu la Democrazia Cristiana è fuori dalla storia e dalla fase politica apertasi con il crollo dell’URSS e la caduta del muro di Berlino.

Ma ciò non vuol dire anche rinuncia a una rappresentanza e a una presenza politiche unitarie, disdegnando quel teorema scoppoliano secondo il quale i cattolici devono disseminarsi in tutti i partiti proprio per essere lievito che fermenta la massa.

Chi sono oggi i cattolici italiani?

E riprendendo una riflessione di Marco Follini sulla marginalità dei cattolici di destra e di sinistra, Nino Labate si interroga: “Chi sono oggi i cattolici italiani, e come li si pesa e valuta? Sono solo quelli che dichiarano nei sondaggi di andare a messa? O anche quelli che ignorano del tutto la Dottrina sociale della Chiesa?”

Con molta modestia voglio osservare che, forse, i cattolici non sono coloro che pensano solo al denaro; non sono coloro che sotto il manto religioso gestiscono compagnie delle opere e via dicendo per fini di lucro; non sono coloro che di religioso non hanno nulla quando sono timorosi (forse perché ricattati proprio sul piano del denaro?) nel ribellarsi e nel contrastare l’attuale Governo e la sua leader rispetto ai fatti di Gaza, rispetto alle politiche assurde del riarmo, rispetto alla sudditanza a un antidemocratico che porta il nome di Donald Trump.

I cattolici (o meglio i cristiani) autentici sono coloro che guardano al povero, che guardano al nemico come fratello (perché in entrambi vi è il volto di Cristo); sono coloro che mettono al primo posto un mondo senza più sfruttati (altro che comunismo: comunitarismo, come amava dire Dossetti e come ci ha insegnato Papa Francesco), che considerano l’economia come mezzo per abbattere la povertà e la fame nel mondo sul piano concreto.

Dal Vangelo allimpegno politico

Si dirà, tutte belle teorie rispetto a una realtà che è profondamente diversa.

Certo! La realtà è profondamente diversa, ma il messaggio evangelico e l’azione di Gesù ci spronano al dovere di cambiarla, ognuno secondo i talenti a disposizione.

Non si tratta di affermazioni insolite e al di fuori del contesto politico, anzi dalla presa di coscienza di questi problemi dovrebbe dedursi il dovere dell’impegno politico attivo, con le conseguenti idee e con una presenza autonoma e libera.

Cattolici conservatori e cattolici democratici

Quindi, proprio per rimanere sulle riflessioni di Labate e sulla marginalità espressa da Follini su quei cattolici che a Rimini hanno riservato una standing ovation alla Meloni, credo di non poter essere né diffidato né censurato se sostengo si tratti di falsi cattolici, ossia di persone che ritengono di dover costruire muri anziché ponti; di persone che guardano al fenomeno immigrazione con gli occhi tipici del razzismo salviniano e meloniano; di persone che pensano che il dovere di ogni buon cristiano sia quello di andare a messa la domenica, di confessarsi e comunicarsi.

Don Luigi Sturzo aveva ragione quando li definì cattolici conservatori e, come tali, non potevano essere parte di quel Partito Popolare che guardava ai poveri e alle questioni sociali emergenti.

Oggi potremmo dire che si tratta di cattolici borghesi e quindi vanno lasciati al loro destino.

Una stagione nuova allinsegna dellazione

Ai cattolici democratici invece (perché esistono ancora i cattolici democratici) oggi si richiede di uscire dalle sagrestie perché è finito il tempo della meditazione; oggi è il tempo dell’azione per “ri-cominciare” (come amava dire Martinazzoli) una stagione nuova all’insegna dei valori intramontabili e laici che hanno ispirato le migliori coscienze nel costruire un centro come risorsa politica per questo Paese.