Oltre la rendita simbolica
«Il tempo delle rendite simboliche è finito». Nell’editoriale pubblicato su “Avvenire”, Mauro Magatti coglie con lucidità il punto critico della condizione europea: l’Europa non può più limitarsi a evocare il proprio glorioso passato come fondamento della sua legittimazione presente, men che meno della sua proiezione futura.
D’altra parte l’umanesimo sottostante al progetto europeo non è un semplice lascito culturale, ma una forma di vita e un progetto fondato su tre pilastri: lo Stato di diritto, con la limitazione della violenza; la democrazia, con l’uguaglianza politica dei cittadini; il welfare, come traduzione concreta del principio di solidarietà. Un equilibrio che ha garantito per decenni pace, prosperità e inclusione.
Il rischio del nichilismo europeo
Oggi, però, quei pilastri mostrano segni evidenti di affaticamento. Lo Stato di diritto rischia di irrigidirsi in un apparato burocratico che soffoca l’iniziativa individuale o collettiva; la democrazia di ridursi a procedura svuotata di senso; il welfare di trasformarsi da strumento di emancipazione in mera amministrazione del declino.
Il passaggio forse più inquietante dell’analisi di Magatti riguarda la diagnosi di un nichilismo europeo che non nasce dalla miseria o dall’oppressione, ma dall’“abbondanza senza orientamento”. In un continente in cui la vita è sempre più protetta, il desiderio collettivo appare paradossalmente più debole. Si vive più a lungo, ma si fatica a rispondere alla domanda decisiva: per che cosa?
Non solo difendersi, ma affermare
Da qui il nodo politico e culturale centrale: «Difendersi non basta». L’Europa non può più definirsi soltanto per sottrazione — non imperiale, non autoritaria, non aggressiva — mentre altre grandi potenze dichiarano esplicitamente ciò che vogliono essere nel mondo. L’Unione è chiamata a chiarire non solo che cosa intende proteggere, ma che cosa vuole affermare.
Significa prendere posizione sul senso del progresso, sul rapporto tra tecnica e vita, sulle condizioni della pace, sulla responsabilità verso le generazioni future. Significa interrogarsi se l’umanesimo europeo — fondato su libertà, limite, responsabilità e cura — possa ancora rappresentare una proposta credibile per il XXI secolo.
La questione politica dei cattolici democratici
È qui che l’editoriale di Magatti interpella direttamente la politica. Chi può oggi raccogliere e tradurre questa visione in progetto? La tradizione cattolico democratica o social-cristiana ha storicamente tenuto insieme persona, democrazia, solidarietà e integrazione, costruendo un’Europa non solo come mercato o architettura istituzionale, ma come comunità di destino.
Rilanciare oggi quel patrimonio non significa nostalgia, ma responsabilità storica. Significa restituire voce a un umanesimo cristiano capace di abitare le trasformazioni digitali, ecologiche e geopolitiche senza smarrire il primato della persona e il senso del limite. Perché, come ricorda Magatti richiamando Esopo, “Hic Rhodus, hic salta”: per l’Europa — e per gli europeisti di matrice cristiana — il tempo del salto è arrivato.

