Roma, 18 nov. (askanews) – “Tra le pieghe della Legge di Bilancio, spunta una novità che potrebbe riguardare un segmento inaspettato della ricchezza degli italiani: la tassa sull’oro. Un’iniziativa che mira a far emergere e tassare il “tesoretto” custodito in lingotti o monete, con modalità che stanno già scatenando il dibattito tra esperti e contribuenti. L’obiettivo? Generare un gettito fiscale in un momento di stringenti necessità per le casse dello Stato”. Lo dice ad Askanews il tributarista Gianluca Timpone.
“Finora – prosegue – la tassazione sull’oro da investimento prevedeva un’aliquota del 26% sulle plusvalenze, ovvero sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita. Un meccanismo chiaro sulla carta, ma spesso inapplicabile nella pratica. Chi detiene oro fisico da tempo, magari da generazioni, difficilmente è in grado di produrre documentazione che attesti il costo storico di acquisto. Ricevute smarrite, passaggi di proprietà informali o semplicemente l’anzianità dell’investimento rendono quasi impossibile determinare con certezza la plusvalenza”.
“La proposta in Legge di Bilancio interviene proprio su questo punto dolente – sottolinea il Tributarista – Si ipotizza l’introduzione di un’aliquota fissa, tra il 12,5% e il 13%, calcolata non più sul plusvalore, ma direttamente sul ricavato totale della vendita. E, aspetto cruciale, senza la necessità di dimostrare il costo di acquisto. Questa formula, pur semplificando un processo oggettivamente complesso, non deve essere confusa con un condono. L’oro oggetto di questa tassazione rappresenta, infatti, il frutto del risparmio degli italiani. Parliamo di denaro già sottoposto a tassazione una prima volta (ad esempio come reddito da lavoro o impresa), e poi accantonato e convertito in un bene rifugio. Non si tratta, dunque, di sanare illeciti, ma di imporre un prelievo su un capitale già “pulito” e frutto di sacrifici”.
La scelta di introdurre questa tassa, secondo Timpone “è chiaramente dettata dalla necessità di reperire risorse per coprire le spese previste dalla Legge di Bilancio. Il gettito sperato, molto probabilmente, tiene conto di stime statistiche sulla percentuale di ricchezza che gli italiani destinano a investimenti di natura finanziaria e, in particolare, all’oro. Tuttavia, la Ragioneria Generale dello Stato dovrebbe vigilare con attenzione su queste previsioni. Se da un lato la semplificazione del calcolo potrebbe invogliare alcuni a regolarizzare la propria posizione o a vendere l’oro detenuto, dall’altro l’entità del gettito è un’incognita”.
“La stima potrebbe rivelarsi non obiettiva se non tiene conto della reale disponibilità dei cittadini a liquidare i propri investimenti in oro, o se sottovaluta la possibilità che molti, in assenza di un obbligo specifico di dichiarazione preventiva del possesso, scelgano di non far emergere l’investimento. In caso di mancato conseguimento dell’obiettivo di gettito, infatti, le coperture finanziarie della manovra potrebbero vacillare, costringendo il governo a intervenire con ulteriori misure correttive” aggiunge.
Secondo Timpone “l’introduzione della tassa sull’oro, per come è congegnata, rappresenta un banco di prova significativo per il rapporto tra Fisco e contribuenti. Da un lato, c’è la ricerca di equità fiscale e di nuove fonti di finanziamento. Dall’altro, l’esigenza di non penalizzare oltre misura chi ha dimostrato oculatezza nel gestire il proprio risparmio, scegliendo un bene che storicamente ha rappresentato una forma di protezione dal rischio e dall’inflazione. Sarà cruciale vedere come questa misura verrà percepita e se riuscirà a centrare i suoi obiettivi senza generare nuove tensioni sociali”.

