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"Maria Barosso", l’artista-archeologa della Roma in trasformazione

Roma, 16 ott. (askanews) – Dal 17 ottobre 2025 al 22 febbraio 2026 ai Musei Capitolini-Centrale Montemartini apre al pubblico la prima mostra monografica dedicata a Maria Barosso (1879-1960) figura di rilievo nel panorama culturale italiano del primo Novecento, che svolse un ruolo cruciale nella documentazione, attraverso riproduzioni a colori ad acquerello, delle demolizioni e di importanti cantieri della Soprintendenza di Roma e del Lazio.

Prima donna funzionaria presso la Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, dove arrivò nel 1905 iniziando a lavorare con Giacomo Boni, allora direttore degli scavi del Foro Romano, intraprese un percorso professionale che la portò a essere testimone delle grandi trasformazioni urbanistiche della Capitale. E come artista – archeologa si affermò e si distinse per una combinazione unica di accuratezza filologica, rigore scientifico e sensibilità estetica nella documentazione del patrimonio storico-archeologico.

Ideata con l’intento di celebrarne l’importante contributo documentario, questa mostra intende da un lato restituire al grande pubblico il profilo poco noto della Barosso e, dall’altro, ripercorrere il suo rapporto sia con la città di Roma che con personaggi e istituzioni di caratura nazionale e internazionale.

L’esposizione “Maria Barosso, artista e archeologa nella Roma in trasformazione” è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta in collaborazione con Sapienza Università di Roma. A cura di Angela Maria D’Amelio, Maurizio Ficari, Manuela Gianandrea, Ilaria Miarelli Mariani, Domenico Palombi, con la collaborazione di Andrea Grazian ed Eleonora Tosti. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura. Catalogo edito da De Luca Editori d’Arte.

Nel progetto espositivo, che comprende 137 opere, di cui circa 100 tra stampe, disegni, acquarelli e dipinti realizzati da Maria Barosso, l’importante nucleo di lavori provenienti dai depositi della Sovrintendenza Capitolina, e in particolare dal Museo di Roma a Palazzo Braschi, verrà affiancato da dipinti da collezioni private e altre prestigiose istituzioni, tra cui l’Archivio Storico del Museo Nazionale Romano presso Palazzo Altemps, il Parco Archeologico del Colosseo, il Vicariato di Roma e la Fondazione Camillo Caetani.

In apertura della visita, nella prima sala, il visitatore ripercorre le tappe personali e professionali della pittrice e archeologa torinese. Il percorso è articolato in sezioni corrispondenti ai luoghi della Roma in trasformazione, ritratti nelle opere di Barosso, posti in dialogo con fotografie, documenti e manufatti storici.

Attraverso l’occhio attento e la mano sicura dell’artista, si ricostruiscono le vicende che dal primo Novecento e per tutto il Ventennio cambiarono per sempre il volto della Capitale: demolizioni radicali, scoperte clamorose, interventi scenografici voluti dal regime fascista. La sua opera non è soltanto testimonianza artistica, ma un archivio prezioso che ci restituisce la complessità di un’epoca in cui, per aprire nuove strade e piazze monumentali, si sacrificavano interi quartieri, chiese e palazzi.

Dalla Basilica di Massenzio all’Area Sacra di largo Argentina, le tavole della Barosso raccontano episodi cruciali: lo sbancamento della Velia, collinetta che collegava Palatino ed Esquilino, eliminata per far spazio alla via dell’Impero (attuale via dei Fori Imperiali) e per creare una scenografia celebrativa paragonata alle grandi imprese ingegneristiche dell’antichità; la sorprendente emersione, tra le macerie di largo Argentina, dei quattro templi repubblicani e della Curia di Pompeo, il luogo dove Giulio Cesare trovò la morte; la demolizione di case e chiese medievali lungo la nuova via del Mare, che isolò ed esaltò i templi del Foro Boario e del Foro Olitorio.

Il percorso espositivo ricorda anche episodi meno noti ma emblematici. È il caso delle rappresentazioni del Compitum Acilium, qui esposto per la prima volta, piccolo santuario dedicato ai Lari, rinvenuto nel maggio del 1932 durante lo sterro della Velia. Condannato alla distruzione dalla fretta dei lavori, il monumento sopravvive proprio oggi grazie ai disegni e agli acquerelli di Barosso, che ne fissarono forme e proporzioni con sensibilità artistica e precisione scientifica, trasformando un reperto perduto in memoria viva.

La mostra si snoda lungo altre sezioni che presentano le riproduzioni di affreschi e mosaici collocati in varie chiese romane, oggetto in quegli anni di importanti interventi di restauro, nonché la produzione incisoria e per committenze private, fino a ricordare le collaborazioni nazionali e internazionali dell’artista, a conferma della sua versatilità e della sua statura culturale.

Chiude il percorso uno straordinario gruppo di dipinti di artisti contemporanei – Mario Mafai, Eva Quagliotto, Tina Tommasini – che, similmente a Maria Barosso, seppero restituire le tensioni di una città in bilico tra passato e modernità, rappresentando i profondi mutamenti urbanistici che in pochi anni trasformarono in modo irreversibile la secolare immagine di Roma. Queste opere testimoniano la varietà degli sguardi e la ricchezza delle interpretazioni, offrendo al pubblico un’occasione di riflessione sulla trasformazione storica e culturale della Capitale e delle sue conseguenze.

Tra le numerose opere in mostra spiccano gli acquerelli e i disegni provenienti dalla Fondazione Caetani, raffiguranti gli affreschi delle chiese di S. Biagio, di S. Maria Maggiore e della Grotta di S. Michele Arcangelo a Ninfa (quest’ultimo sarà affiancato dal frammento di affresco oggi conservato presso il Castello Caetani di Sermoneta); il nucleo di fogli realizzati negli anni della collaborazione con Giacomo Boni, oggi di proprietà del Parco Archeologico del Colosseo; e, infine, dagli archivi e depositi della Sovrintendenza Capitolina, il grande disegno che riproduce gli affreschi della Loggia del Priorato di Rodi, mai esposto prima.