Roma, 19 dic. (askanews) – “La nostra comune speranza oggi ha il nome della pace. Una pace vera e giusta ovunque che ponga fine all’incertezza e al disorientamento indotti dalla attuale situazione internazionale. Abbiamo il dovere di coltivare e consolidare ogni piccolo spiraglio che si apra rispetto ai conflitti in corso, in Ucraina come in Medioriente. Con l’obiettivo di costruire quella ‘pace permanente’, come la definì il presidente Franklin D. Roosevelt che affermava: ‘Più che una fine della guerra vogliamo una fine dei principi di tutte le guerre'”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo alla cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, delle Forze politiche e della Società civile. “Pace, quindi – ha proseguito il capo dello Stato – come affermazione del diritto sulla forza delle armi. Pace come condizione di libertà e sviluppo”.
“La pace che l’Europa ha costruito coltivando la relazione transatlantica” è un “patrimonio” “irreversibile”, così anche Mattarella il quale ha ricordato che “l’anno scorso si è celebrato l’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia: erano presenti alcuni anziani reduci: nei loro volti e nei loro sguardi ho colto, insieme all’orgoglio, il significato profondo della parola pace. Erano lì, con le loro storie, con il loro bagaglio di memoria, a testimoniare il sacrificio di migliaia di ragazzi venuti a morire in Europa, spesso lontanissimi dalle loro case, per costruire un tempo nuovo. Un tempo in cui la pace fosse premessa e condizione per affermare nella libertà una nuova civiltà. Questa è la pace che l’Europa ha costruito coltivando la relazione transatlantica. Questo patrimonio è irreversibile, perché acquisito nei sentimenti e nelle coscienze dei popoli, e va tutelato e consolidato in ogni maniera”.
“Si parla sovente – ha continuato il presidente della repubblica – dell’affermarsi di un nuovo potere che nasce dalla concentrazione in pochissime mani di enormi risorse finanziarie e tecnologiche, a detrimento del ruolo delle istituzioni che rappresentano i cittadini. Uno scenario che genera inquietudine, incertezza, allarme. Perché senza la mediazione della politica, senza la possibilità di composizione di interessi e tensioni divergenti le comunità si dividono. Le istituzioni si indeboliscono. Le democrazie inaridiscono. Le diseguaglianze crescono e viene smarrita persino l’idea di un destino comune”.
Mattarella ha anche affermato che: “Il modello democratico oggi appare sfidato da Stati sempre più segnati da involuzioni autoritarie che, contro la storia, si propongono come modelli alternativi. Una sfida per i sistemi democratici appare oggi derivare anche dal tentativo di ignorare e cancellare il confine tra libertà e arbitrio”.
“Partecipazione – così ancora il presidente – sembra parola desueta in un tempo caratterizzato da una crescente astensione elettorale. Alle ultime elezioni regionali ha votato meno del 45 per cento degli aventi diritto. Nelle precedenti tornate la percentuale era già in discesa e dobbiamo purtroppo constatare che questa tendenza prosegue. Non ci si può stancare di ripeterlo: una democrazia di astenuti, di assenti, di rassegnati è una democrazia più fragile e a subirne danno sono i cittadini. Riflettere su questo fenomeno – ha proseguito – è un dovere di tutti, mentre talvolta si ha l’impressione che l’astensionismo sia una sorta di problema del giorno prima, come se, dopo, a contare fosse soltanto chi ha vinto e chi ha perso e tutto tornasse a essere normale”.
“Il pluralismo delle idee, la dialettica tra opinioni diverse, il confronto tra posizioni culturali anche molto distanti sono indispensabili alla democrazia”, ha scandito Mattarella, mentre “quando le sbrigative categorie amico/nemico prevalgono sulla fatica di trovare risposte condivise nell’interesse collettivo, quando si producono fratture che dividono le nostre società si alimentano i germi della estraneità alla politica”.

