Stamane Alberto Melloni, storico delle religioni, sul “Domani” di De Benedetti assesta un colpo durissimo all’incongruo proliferare di partitini cattolici. Passa in rassegna le varie iniziative e ne ravvede l’insufficienza. Si nota immediatamente, fin dalle prime battute del suo articolo al vetriolo, che non ama la riproposizione del discorso sull’impegno politico organizzato del mondo cattolico. Piuttosto preferirebbe osservare una ripresa di tono spirituale e pastorale della Chiesa italiana, specie in questo tempo di crisi che prende origine dalla pandemia da Covid-19 e pesantemente investe l’economia globale.

Le conclusioni sono drastiche: “Infatti – scrive Melloni – o il cattolicesimo saprà riprendere un dialogo interno, o alla fine, là fuori, ci saranno dieci partitini e correntine al profumo d’incenso, ciascuna capace di vantare entrature e batter cassa politica in proporzione alla propria sicumera o al proprio bluff”. Non è il viatico giusto, a suo giudizio, per ridare slancio alla presenza pubblica dei cristiani, sapendo che sulle macerie di questa guerra anti pandemica spunterà quanto prima il bisogno di appellarsi a “una passione morale inesauribile e un infrangibile senso dello stato”. Altrimenti, parrebbe dire Melloni, nessuna rinascita civile o morale avrà modo di palesarsi credibilmente.

In sostanza, quel che sostiene l’editorialista, alla luce di un’aggiornata lettura post conciliare del rapporto tra Chiesa e mondo, è l’improponibilità della figura stessa del cattolicesimo politico. Nel suo dossettismo radicale – perché della scuola dossettiana di Bologna Melloni è oggi l’interprete più autorevole – opera la pregiudiziale verso ogni forma di ricomposizione dell’iniziativa politica dei credenti (più o meno praticanti), essendo proprio questa ricomposizione l’incunabolo del pre-partito che tende a farsi partito. Da questa impostazione polemica, in verità così ostica da non risparmiare neppure una personalià del rango del Card. Re, colpevole di aver celebrato messa in uno di questi convegni dedicati alla costruzione di un nuovo soggetto politico d’ispirazione cristiana, si ricava una  vivida espressione di volontà che mira a tenere la Chiesa al riparo da lotte e fratture politiche del nostro tempo, con ciò sperando di restituirle una maggiore forza di rappresentanza dell’Italia nel suo complesso.

In effetti la nascita di un nuovo partito, nelle intenzioni più accogliente per i cattolici, non può avvenire sulla base di un proposito integralistico, come se all’improvviso la grande lezione degli ultimi cinquant’anni sulla laicità della politica fosse gravata da un istinto di rimozione. Indubbiamente, su questo punto la critica di Melloni ha gioco facile. Disconoscere tuttavia che la perdita di coscienza politica del Paese e la perdita di rilevanza politica dei cattolici vadano di pari passo, sicché una qualche correlazione si debba evincere per forza e conseguentemente assumere come problema, costituisce la zona d’ombra di un ragionamento che porta a disincarnare il cristianesimo e insieme ad impoverire la nazione. A dispetto di Melloni, questo eccesso di sfiducia nella mediazione storico temporale, quale categoria invisa alla mentalità radicalmente post democristiana, se non furiosamente anti democristiana, consegna il cattolicesimo italiano a una condizione di evanescenza e spaesamento. Esiste, vuoi o non vuoi, una nuova questione cattolica.