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lunedì, 29 Dicembre, 2025
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Meloni, il presepe e l’identità nazionale

Il saluto natalizio della presidente del Consiglio ha recuperato simboli forti della tradizione, lasciando però senza risposta, in larga parte, le domande sociali che attraversano l’Italia reale.

Per il Natale era consuetudine che i vertici delle istituzioni pubbliche, ai vari livelli, rivolgessero agli italiani gli auguri di buone feste utilizzando i canali televisivi. Era un uso tipico della Prima Repubblica, caduto miseramente nel travagliato periodo della Seconda e mai più ripreso nella Terza che stiamo attraversando.

La premier Meloni, nel tentativo di recuperare anche tradizioni di carattere istituzionale, ha scelto per il Natale appena trascorso il proprio profilo Facebook per rivolgersi agli italiani e formulare gli auguri, pur collocandosi in una sede simbolicamente istituzionale. Per quanti restano più affezionati alle forme classiche della comunicazione istituzionale – televisione e comunicati ufficiali – c’è poco da rimpiangere: questo modello di governo di destra, anzi questi modelli di governo, primo fra tutti quello incarnato da Donald Trump, prediligono infatti i social media per comunicare direttamente alla Nazione risultati e idee di governo.

Il presepe come scelta identitaria

La premier Meloni si è presentata in veste natalizia davanti al presepe allestito nella sede del Governo, realizzato nello stile più classico, quello napoletano di fine Settecento. I personaggi raffigurano l’idea di un piccolo borgo di campagna, ciascuno intento al proprio mestiere, ad eccezione dei pastori e dei tre protagonisti della Natività – Maria, Giuseppe e il Bambinello.

Il primo messaggio trasmesso è stato quello di una rivendicazione dell’identità nazionale, legata al presepe francescano – dunque inequivocabilmente italiano – e al mantenimento dell’immagine simbolica del Natale nelle famiglie. Sono rimasti, di fatto, sullo sfondo i simboli del Natale di matrice celtica: Babbo Natale con le renne, l’abete addobbato con nastri e sfere colorate. Eppure il nostro Paese, da decenni, è multietnico, multiculturale e anche multiconfessionale; basterebbe ricordare l’elenco delle confessioni religiose riconosciute dallo Stato.

Tradizione italiana, vocazione universale

È indubbio che il presepe sia universalmente attribuito alla cultura medievale italiana, con san Francesco quale indiscusso iniziatore. Conoscere questo aspetto della tradizione natalizia italiana è importante per chiunque, cittadino o meno di questo Paese. Vale sia per coloro che lo hanno progressivamente dimenticato a favore di tradizioni provenienti da altri contesti culturali, spesso segnate da una forte valenza consumistica, sia per coloro che lo apprendono oggi perché vivono e lavorano in Italia.

Allo stesso modo, è opportuno ricordare che la cultura cristiano-cattolica, cui il presepe appartiene, è per sua natura ecumenica e riconosce nella diversità dell’altro non un nemico, ma un fratello. Ne discende che il premier di un Paese complesso come il nostro rappresenta anche quei “fratelli” che non lo sono nella fede, ma lo sono sul terreno della storia, perché condividono con noi la vita civile.

Un saluto esplicito anche agli italiani di tutte le confessioni religiose non sarebbe stato fuori luogo; eppure, nel breve discorso pronunciato, questo riferimento è mancato.

 

I valori evocati e la realtà sociale

In questo presepe tutto italiano e rivolto implicitamente ai cattolici, la premier Meloni ha riconosciuto l’insieme dei valori della solidarietà come elementi identitari della “nostra” comunità, valori da conservare e custodire senza timore, per convinzione autentica e non per semplice moda. Le condizioni oggettive di difficoltà in cui versano le famiglie italiane – in un secondo anno di crescita zero, con la riduzione dei consumi per contenere il costo della vita, con il lavoro “degno” che appare sempre più fuori dall’orizzonte delle possibilità per i giovani, e con l’inflazione che erode i pochi risparmi – sono però rimaste sullo sfondo, come assorbite dall’effetto rassicurante dell’elenco dei “buoni valori” che la premier ha invitato a coltivare con convinzione natalizia.

Nessun italiano, per cultura e indole comune, viene meno a valori quali la dignità, la responsabilità, l’accoglienza delle fragilità, la ricerca della pace e della concordia. Tuttavia la nostra “panza” resta un po’ vuota e il nostro cenone di Natale è stato dignitoso, ma non fastoso. Per qualcuno, nemmeno questo.

 

Uno sguardo che manca

Mentre l’abbiamo guardata sorridente e rassicurante augurare buon Natale, ci siamo chiesti se davvero ci stesse vedendo, con occhi sinceri. Perché no: non stiamo bene, e nascondere i problemi – come la polvere sotto il tappeto – non li farà scomparire.

Forse sarebbe stato utile prendere esempio dal re Carlo III, che nel suo discorso natalizio ha detto ai suoi sudditi, con onestà, come stanno le cose. E di questo, gli sono stati grati.