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venerdì, 19 Dicembre, 2025
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Meloni irritata da blitz Lega su pensioni: "Misure a imprese restano"

Roma, 19 dic. (askanews) – Ci sono silenzi e assenze che valgono più di mille parole. E così bastano due frame della tradizionale cerimonia di saluto alle alte cariche che si tiene in serata al Quirinale per rendere l’idea del caos che nella notte precedente ha portato la Lega a ventilare la crisi di governo su una manovra che porta la firma di un ‘suo’ ministro. Da una parte c’è Matteo Salvini che, interrogato in proposito a più riprese dai giornalisti, si limita a ripetere ‘auguri, auguri’. Dall’altra, c’è la sedia che rimane vuota del responsabile dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, prova a minimizzare, a spiegare che sì, “c’è stato un problema” interno al Carroccio ma “si è risolto”. La soluzione viene trovata ma solo dopo un vertice che la premier convoca d’urgenza a palazzo Chigi subito dopo aver lasciato il Colle. Meloni riunisce i due vicepremier e il ministro dell’Economia, il suo vice Maurizio Leo e il responsabile dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. Il pasticcio, spiega, va risolto subito. “Le misure a favore delle imprese devono restare nella manovra”, dice chiaramente. Tramonta così l’idea di fare un decreto ad hoc ipotizzato inizialmente, si opta per una riscrittura del maxiemendamento.

L’antefatto si consuma tutto nella notte tra giovedì e venerdì, negli stessi attimi in cui la premier è impegnata a Bruxelles sul delicato nodo dei fondi per l’Ucraina e degli asset russi, che si conclude poi con il via libera a un prestito per Kiev che le consente di parlare di “vittoria del buonsenso”. A Roma, dentro e fuori la commissione Bilancio del Senato, la Lega si mette di traverso sulle norme della manovra relative alle pensioni. Al punto che il capogruppo, Massimiliano Romeo, chiama il titolare di via XX settembre e minaccia il ‘tutti a casa’ se non fossero state tolte. Seguono riunioni via telefono, anche con lo stesso Giorgetti. Luca Ciriani e il sottosegretario all’Economia Federico Freni mediano e provano a placare gli animi, ci si mette in contatto anche con palazzo Chigi e in particolare con i due sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.

Le alternative per uscire dal cul de sac sono poche e alla fine si decide di stralciare le norme. Solo che a ‘sparire’ allo stesso tempo sono anche tutte quelle misure a cui davano copertura e che servivano principalmente a sostenere le imprese, a cominciare dai crediti di imposta per la Zes e dalla transizione 4.0.

Ma la presidente del Consiglio pretende che quel segnale alle aziende venga dato lo stesso, senza indugi. Chi la sente nelle ore successive al suo rientro da Bruxelles parla di una premier decisamente irritata. “Quello che è successo è incredibile”, avrebbe detto. E non soltanto perché lo scontro in maggioranza finisce per sovrapporsi all’esito del Consiglio europeo che Giorgia Meloni considera una vittoria del suo lavoro diplomatico e la dimostrazione del peso dell’Italia nelle decisioni che contano. La questione è anche politica. Nelle analisi dei big di Fratelli d’Italia quella andata in scena in Senato è, appunto, tutta una guerra interna alla Lega e, in particolare, una dimostrazione di forza che Matteo Salvini avrebbe voluto dare anche dentro il suo partito. Quello che la presidente del Consiglio vuole evitare, però, è che alla fine tutto passi come un braccio di ferro in cui ad averla vinta è stato il Carroccio. Da qui il pressing per trovare una soluzione che consentisse, e subito, di mandare comunque quel segnale al mondo delle imprese che la presidente del Consiglio considera proprietario.

A questo punto i tempi di approdo della manovra in aula rischiano di allungarsi, i capigruppo sono già stati allertati: il via libera di palazzo Madama potrebbe arrivare addirittura il 24 mattina.