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Meloni rilancia su centri Albania, ok Ue (ma si attende Corte giustizia)

Roma, 31 mar. (askanews) – Il “modello” Albania è stato “criticato all’inizio” ma poi ha “raccolto sempre più consenso, tanto che oggi l’Unione Europea propone di creare centri per i rimpatri nei Paesi terzi. Ciò vuol dire che avevamo ragione, e che il coraggio di fare da apripista è stato premiato”. Giorgia Meloni è intervenuta questa mattina con un videomessaggio al ‘Border Security Summit’, organizzato dal primo ministro britannico Keir Starmer, rivendicando di aver aperto una strada che ora l’Europa sta seguendo.

Non è proprio così perchè i “return hub” che la Commissione europea ha inserito nella proposta di regolamento presentata lo scorso 11 marzo sono diversi dai centri realizzati in accordo con Tirana a Gjader e Shengjin, anche nella nuova versione delineata dal decreto varato la scorsa settimana in Consiglio dei ministri.

Con quel provvedimento, aveva spiegato in conferenza stampa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, si amplia il “perimetro d’azione” del centro di Gjader che diventa un Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr), senza cambiare il protocollo Italia-Albania. Nei Cpr, va ricordato, sono trasferiti “gli stranieri giunti in modo irregolare in Italia che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti”, in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di espulsione da parte delle Forze dell’ordine.

Questa mattina, a Bruxelles, è stato chiesto a un portavoce della Commissione se il decreto rispetti o meno le normative europee. “Siamo in contatto con le autorità italiane. Secondo le nostre informazioni, la legge nazionale italiana si applicherà a questo centro, come è stato il caso finora per l’asilo”, ha spiegato il portavoce per gli Affari interni e l’Immigrazione della Commissione europea, Markus Lammert. E trattandosi della legislazione nazionale di uno Stato membro, ha aggiunto il portavoce, “in linea di principio è in linea con il diritto dell’Ue”; ma “continueremo a monitorare l’attuazione del Protocollo (Italia-Albania, ndr) nella sua nuova iterazione e rimarremo in contatto con le autorità italiane”. Si tratta comunque, ha puntualizzato Lammert, di una cosa “diversa” dai ‘return hub’ in paesi terzi sicuri, previsti dalla proposta di regolamento sui rimpatri presentata dalla Commissione.

Inoltre, il fatto che la legislazione nazionale di uno Stato membro rispetti il diritto comunitario è vero “in linea di principio”, ma resta comunque la possibilità che la legislazione Ue non sia interpretata, recepita e applicata correttamente, e su questo veglia la Corte europea di giustizia. E proprio sul caso dei centri italiani per migranti in Albania, è in sospeso una sentenza della Corte europea di giustizia, attesa per l’estate (ma le conclusioni dell’avvocato generale arriveranno in aprile). La Corte è chiamata a pronunciarsi sui ricorsi pregiudiziali presentati dal Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti sull’altra sponda dell’Adriatico, perché provenienti da Paesi che il governo italiano ritiene sicuri, in particolare Egitto e Bangladesh. In questo caso, comunque, la sentenza della Corte Ue non riguarderà le novità introdotte con il nuovo decreto.

Quando le agenzie hanno battuto le dichiarazioni di Lammert, dal centrodestra è partita una ‘batteria’ di dichiarazioni in cui si sottolinea che l’Italia, con l’esecutivo Meloni, “continua a tracciare la strada” (il ministro Tommaso Foti). L’opposizione invece va all’attacco. Per la segretaria Pd Elly Schlein con il decreto il governo opera “un tentativo maldestro di coprire un altro fallimento della loro propaganda” e crea “il CPR più caro della storia”; Riccardo Magi (+Europa) è certo che “i centri in Albania non hanno funzionato finora e non funzioneranno” mentre Filiberto Zaratti accusa: “Meloni si giustifica continuamente sui centri costruiti in Albania perché sa che ha causato un danno da 1 miliardo di euro per una scelta unicamente ideologica”.