Molte cupole e qualche guglia

Il profilo di Roma, la città della Cupola, o, più affettuosamente, del “Cupolone”, è un susseguirsi di cupole

Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano firma di Mario Panizza

Il profilo di Roma, la città della Cupola, o, più affettuosamente, del “Cupolone”, è un susseguirsi di cupole che, fedeli a rigorose regole geometriche e sormontate da lanterne più o meno svettanti, individuano, anche al di fuori del centro storico, i luoghi di culto. Imbattersi invece a Roma nelle guglie, così come è possibile a Parigi e in molte altre città europee, è alquanto difficile.

La cupola descrive un sistema che si richiude nell’esattezza della struttura e nella completezza dello spazio interno. Essa, quasi sempre, conclude in copertura l’incrocio del transetto e della navata di una chiesa; sottende tuttavia, in edifici non religiosi, anche vasti spazi centrali di architettura civile, spesso di origine romana. È il caso del Planetario, attualmente non in uso, ricavato nell’aula ottagonale delle Terme di Diocleziano, inaugurato nel 1928, dopo un lavoro molto accorto di consolidamento delle antiche strutture murarie. Al suo interno, funzione e simbolo si ricompongono in pieno equilibrio: la copertura voltata raccoglie un cielo stellato, che muta, in base alle stagioni, come la lanterna magica dei vecchi teatri. Il suo compito didattico si arricchisce della suggestione che coinvolge chi partecipa alla proiezione.

Ed è proprio nel coinvolgimento e nella suggestione la forza espressiva della cupola. I fattori che la generano dipendono da più variabili: la sezione che, in base alla geometria strutturale, può essere a tutto sesto, ribassata o ogivale, combinandosi in vario modo con la forma del perimetro, circolare o poligonale; la disposizione rispetto alla quota del terreno, sopraelevata come accade in quasi tutte le chiese, oppure ribassata, prevalentemente nei luoghi di sepoltura, infine perfettamente in linea con la quota della città, come è previsto, per lo più, negli impianti che ospitano manifestazioni sportive. Variabile è anche il rapporto con l’esterno e quindi l’effetto che si ottiene al momento dell’ingresso. In questo caso le condizioni percettive ed emotive possono variare, anche molto, in base alla continuità o al contrasto tra l’interno e l’esterno. Talvolta infatti la sala a cupola, sebbene sia un interno, può costruire l’effetto di dilatare lo spazio urbano.

La guglia, al contrario, si rivolge quasi esclusivamente all’esterno: costruisce un profilo, in prevalenza conico, e lo proietta sullo skyline della città. Solo marginalmente interferisce nella definizione del volume interno; qui la sua presenza si limita alla base di appoggio, generalmente poco ingombrante, che trova la sua impronta, ma solo quando contribuisce al sistema strutturale, nel piano di fondazione. La cupola accompagna con una forma rassicurante e protettiva il profilo della città, invece la guglia pronuncia un’eccezione, un’emergenza che tende a imporre una presenza da guardare e riconoscere tra molte forme che esprimono il desiderio di isolarsi ed esporsi.

Le guglie e i pinnacoli, che svettano al di sopra della copertura, caratteristici soprattutto del Gotico, hanno un compito prevalentemente decorativo e quasi sempre si moltiplicano fino a costruire facciate molto ornate nel bordo superiore; svolgono tuttavia, e in non pochi casi, anche una funzione statica, collaborando ad appesantire, per rinforzarli, i muri perimetrali, sottoposti alle spinte orizzontali degli archi che sostengono la copertura o i solai intermedi.

Una raccolta che descriva le cupole di Roma obbliga a una selezione molto restrittiva, impegnata a cercare un criterio che sappia cogliere le singolarità, le eccezioni che, proprio perché tali, aiutino a comprendere con maggiore ordine l’intero panorama delle chiese del Rinascimento e del Barocco.

Un primo elenco riguarda quelle che coprono un edificio volumetricamente unitario, dove un solo corpo di fabbrica si identifica in toto con la cupola stessa. In questi casi, ne deriva un edificio singolo che esprime la compiutezza statica, precisando le linee che si proiettano sul terreno. Tra loro si evidenziano le costruzioni di epoca romana che, quando in buono stato, hanno assunto, come il Pantheon e la già ricordata sala ottagonale delle Terme di Diocleziano, una nuova funzione religiosa o civile. Il Pantheon, con la sua cupola aperta, del diametro di oltre 43 metri, fondato come tempio pagano, è attualmente una basilica cristiana che raccoglie le sepolture di artisti famosi e di due re d’Italia.

Più espressiva, soprattutto in relazione all’ambiente circostante, è la cupola, sempre romana, del padiglione di Minerva Medica (inizio iv secolo) che, perfettamente visibile dal treno in partenza dalla Stazione Termini, costruisce un’ambientazione molto singolare dove una scenografia alquanto audace colloca una preesistenza romana, compromessa in molte sue parti, ma perfettamente riconoscibile nel suo insieme volumetrico, tra imponenti edifici di servizio e fasci di binari ferroviari. Minerva Medica, che avrebbe ispirato Brunelleschi per la costruzione di Santa Maria del Fiore a Firenze, illustra, anche, con precisione la meccanica strutturale di una cupola in muratura: il suo punto più fragile è al centro della volta che, come in questo caso, è venuto giù quando la spinta sui fianchi, causata dal peso e dalle infiltrazioni, ha portato a ridurre la coesione tra la malta e i conci.

La selezione delle cupole da preferire durante una visita a Roma sarebbe sicuramente caratterizzata dall’elenco delle assenze. Solo come memorandum, orientativo e personale, si indicano le chiese che, dopo San Pietro in Vaticano, non possono rimanere escluse: Sant’Andrea della Valle, la cui cupola, la seconda per dimensione tra quelle antiche dopo San Pietro, realizzata da Carlo Maderno nel 1620, raffigura l’Assunzione della Vergine; Santi Luca e Martina, opera di Pietro da Cortona del 1664 che, alla suggestione del Barocco aggiunge l’immersione tra gli imponenti resti archeologici del Foro romano; Santi Ambrogio e Carlo al Corso, con una cupola, molto alta e ben illuminata da tre tipi diversi di aperture, terminata nel 1669 su disegno di Pietro da Cortona; la Chiesa del Gesù, progetto del Vignola che dirige i lavori tra il 1568 e il 1573, con la cupola su tamburo ottagonale di Giacomo della Porta. Un caso a parte è rappresentato dalla chiesa di Sant’Ignazio di Loyola dove, all’interno, anticipata da una navata che costruisce, con l’illusione prospettica di Andrea del Pozzo, due templi sovrapposti, una cupola finta, che rappresenta la Gloria di Sant’Ignazio, si impone su un soffitto assolutamente piatto.

Al contrario delle cupole, guglie e pinnacoli, espressione distintiva del Gotico, a Roma sono molto poco presenti. Gli esempi che si incontrano sono “in stile”, piuttosto che autentici: due campanili a guglia, a Piazza Cavour, concludono la facciata eclettica del Tempio Valdese (1911-1914); una torre neogotica, sormontata da una cuspide in travertino e da una corona di pinnacoli, definisce il volume della chiesa anglicana All Saints’ Church di via del Babuino (1882); infine, a Lungotevere Prati, la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, realizzata all’inizio del Novecento in pieno stile gotico, interpreta, sulla facciata, la trama del Gotico maturo del Duomo di Milano.

Tra due delle cupole di maggior rilievo nel profilo della città — il Pantheon e la chiesa di Sant’Andrea della Valle — svetta la guglia più nota a Roma, quella di Sant’Ivo alla Sapienza, che si arrampica verso l’alto attraverso una spirale che nasce dalla geometria perfettamente equilibrata della cupola sottostante. Poco oltre, sempre di Borromini, a Piazza Navona, si impongono, su una cortina continua, le cuspidi delle due torri simmetriche di Sant’Agnese in Agone che anticipano la cupola poligonale retrostante.

L’opera religiosa più recente marcata da guglie è il Tempio Mormone di Porta di Roma, noto anche come il “grattacielo” proprio per la sua esuberante spinta verso l’alto che si isola in un’area urbana molto poco strutturata.

Alcuni esempi di guglie discrete si incontrano nella Roma moderna degli anni Venti del secolo scorso. Il loro linguaggio è piuttosto quello delle edicole svettanti, spesso aperte, che richiamano il tema dell’altana. Due gli esempi più eleganti nell’architettura civile di quegli anni: l’Albergo rosso della Garbatella (Innocenzo Sabbatini 1927-1928) e la Scuola Pistelli in Prati del 1928.

Tornando all’insieme degli edifici appena descritti, le numerose cupole e le poche guglie individuano due forme che, pur esprimendo, soprattutto nell’architettura religiosa, un valore dal forte carattere simbolico, spesso prevalente sulla funzione, costruiscono condizioni spaziali molto diverse, dove però l’intento comune di sovrapporre alla qualità formale significati e valori, sebbene distanti nelle varie epoche, tende a combinarle in un disegno, che, unitario nella lettura, racconta il profilo storico di Roma.