Monopattini elettrici come le bici

Tutti i possessori di un monopattino elettrico da adesso in poi potranno utilizzare i loro 2 ruote per potersi muovere agevolmente nella giungla urbana

Tutti i possessori di un monopattino elettrico da adesso in poi potranno utilizzare i loro 2 ruote per potersi muovere agevolmente nella giungla urbana senza grossi problemi e limiti.

La rivoluzione della micromobilità elettrica può quindi finalmente davvero iniziare in Italia. La sperimentazione avviata alcuni mesi fa, infatti, aveva causato non pochi problemi. Oltre a specifiche limitazioni d’uso, i monopattini elettrici potevano essere utilizzati solamente nei Comuni che avevano deciso di aderire alla sperimentazione.

Una situazione che aveva generato molta confusione tanto che in alcuni Comuni erano fioccate diverse e salatissime multe per l’utilizzo non conforme dei 2 ruote elettrici. Ma grazie alla nuova norma i monopattini elettrici possono finalmente essere utilizzati legalmente in tutta Italia.

Il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale precisa che questa equiparazione è riservata solo ai “monopattini che rientrano nei limiti di potenza e velocità” definiti dal citato DM del 4 giugno e cioè in una potenza massima di 0,5 kW e entro i 20 km/h. Il tutto viene rimandando al DL del 30 aprile 1992 in cui era stato modificato l’articolo 50 del Nuovo Codice della Strada con la precisazione che andavano considerate “velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico”.

Viene così attuata, con maggiore chiarezza, una parte della strategia voluta da Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in tema di micromobilità, distinguendo i monopattini elettrici (e i Segway con manubrio) da altre nuovi dispositivi come hoverboard e monowheel, la cui circolazione può essere autorizzata solo in determinate zone definite dai singoli Comuni, come le aree pedonali e le piste ciclabili.

Per i monopattini elettrici – che sono in tutto il mondo un diffuso sistema di mobilità condivisa – viene risolto il problema della diffusione anche in Italia dei servizi di sharing, avviati (e in molti casi bloccati) perché questi veicoli non erano di fatto contemplati dal Codice della Strada.