Esiste  una Europa che va al di là dei confini dell’Europa Occidentale. Con questa Europa vogliamo collaborare in uno spirito sincero di distensione e di intesa

Il quarantaquattresimo anniversario della strage di Via Fani lo abbiamo vissuto in modo diverso dal passato.  Un clima diverso. Molte le corone di fiori “recapitate” in Via Fani; dunque minori presenze “istituzionali” rispetto alla consuetudine. 

Ma Aldo Moro è vivo con il suo testamento politico. Lo è ancora di più oggi che soffiano venti di guerra che martirizzano la Ucraina e la sua capitale Kiev, mentre il suo popolo sta dando prova di coraggio nella sofferenza per la fede nella libertà e nella democrazia. 

Si potrebbero rileggere il discorso di Moro da capogruppo Dc sul fallimento della Ced, del 29 settembre 1954, sul rimpasto di governo dopo le dimissioni di Piccioni, con il suo rammarico per il sacrificio della Ced da parte francese sulla base di una insensata valutazione, ossia per la preoccupazione di non opporre al blocco sovietico una grande unitaria potenza europea, nella quale la Germania avrebbe avuto una posizione di grandissimo prestigio. 

Vedeva la Ced come articolazione della Alleanza Atlantica in un nucleo europeo che significava la voce dell’Europa, la autentica voce di questa civiltà europea occidentale che si esprime e si fa valere nell’ambito della comunità dei popoli liberi. Un’Europa che acquisisce forza economica, sociale, forza politica e anche forza militare che permettano di esprimere una voce più autorevole e di maggiore peso nell’ambito del grande gioco della politica mondiale. 

Si potrebbero rileggere le sue pagine sulla Nato, garanzia di libertà, al Consiglio Atlantico del 1975, riconoscendo come l’Alleanza abbia consentito lo sviluppo pacifico e intenso e che potrà contribuire a un ordine internazionale più giusto – che significa un mondo più sicuro. 

Moro protagonista del Trattato di Osimo che normalizzerà i rapporti con la Jugoslavia di Tito. Mentre suscitavano clamore le manifestazioni in favore degli appelli degli intellettuali Sacharov e Solgenitzin, nel settembre 1973 da Ministro degli Esteri espresse fermezza associata a responsabile prudenza perché privilegiava la prosecuzione del processo di distensione internazionale, evitando ostacoli agli sviluppi della Conferenza per la sicurezza e cooperazione europea. 

Moro fu protagonista nella firma del Trattato di Helsinki come conclusione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione europea: “Esiste  una Europa – disse – che va al di là dei confini dell’Europa Occidentale. Con questa Europa vogliamo collaborare in uno spirito sincero di distensione e di intesa”. Firma l’Atto finale insieme a 34 paesi, compresa la Santa Sede, quale rappresentante dell’Italia e Presidente in esercizio del Consiglio della Comunità. 

Questa era la sua visione dell’Europa. Sogni infranti dall’invasione dell’Ucraina. Giulio Andreotti nei suoi ricordi (De Prima Re Pubblic) scriverà come avesse fatto impressione la dichiarazione di Aldo Moro: “È vero: può sembrare e forse è contraddittoria la firma del signor Breznev che continua a sostenere la dottrina della sovranità limitata. Ma Breznev passerà ed Helsinki resta”. 

Breznev fu il protagonista della cosiddetta Costituzione del socialismo sviluppato dell’URSS del 1977. All’articolo 71 la repubblica dell’Ucraina era al secondo posto dopo quella russa. All’articolo 72 quella Costituzione prevedeva che ogni repubblica federata conservava il diritto di libera separazione dall’URSS. Oggi la perestrojka di Gorbaviov sembra lontana così come il diritto dei popoli alla autodeterminazione! Eppure il valore del popolo ucraino sta a ricordarci il valore della democrazia e della libertà! 

I problemi della Nato, della Ced, della sicurezza europea, della distensione internazionale sono di tutta evidenza e di grande attualità. Purtroppo non abbiamo né Aldo Moro, né Sacharov, né Solgenitzin e nella Russia d’oggi Putin non è l’erede di Gorbaciov, ma di Breznev! Dunque, scontiamo un ritorno al passato con gravi preoccupazioni per il futuro.