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Mossa di Meloni, sabato sarà da Calenda al congresso di Azione

Roma, 25 mar. (askanews) – Per fare il suo ‘debutto’ da premier a una manifestazione di un partito non di governo Giorgia Meloni ha scelto Carlo Calenda: la premier sarà sabato mattina a Roma per il congresso nazionale di Azione. L’ipotesi, dopo l’invito, circolava da qualche giorno ma oggi da Palazzo Chigi è arrivata la conferma ufficiale con un’aggiornamento dell’agenda settimanale. Se Meloni da Calenda è una prima volta, non vale lo stesso per il contrario: il segretario di Azione è stato ospite da Atreju sia nel 2024 che nel 2023. “Non ho paura, non vedo né il lupo né la tana” disse rispondendo, nel dicembre scorso, a chi gli chiedeva come si sentisse nella tana del lupo, la festa di Fdi.

“E’ stata invitata, ha accettato e interverrà”, la spiegazione ufficiale che viene data per questo appuntamento. Ma dietro la scelta della presidente del Consiglio è difficile non vedere una motivazione “politica”. In primo luogo nei confronti dell’opposizione. Calenda ha sempre rivendicato di voler fare un’opposizione “dura” e “senza sconti” ma “costruttiva”. Come avvenne già nel 2022, quando una delegazione del partito arrivò a Palazzo Chigi con una serie di contro-proposte per la messa a punto della prima manovra dell’esecutivo di centrodestra. Per venire all’attualità, un segnale in questo senso è la decisione di non firmare la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio e domani al momento del voto alla Camera i parlamentari calendiani usciranno dall’Aula. “Abbiamo criticato duramente l’operato di Nordio – ha spiegato il capogruppo Matteo Richetti – con le altre opposizioni, denunciando la totale mancanza di trasparenza sul caso Almasri. Ma al contempo abbiamo sempre detto che presentare mozioni di sfiducia è il più grande regalo alla maggioranza che si possa fare, come dimostra il caso Santanchè”. Dunque il messaggio di Meloni sarà che è possibile un dialogo tra maggioranza e opposizione, ma se si discute “nel merito” e non partendo da posizioni “ideologiche”.

La scelta di Meloni, però, può avere anche una lettura interna alla maggioranza, in un momento di persistente tensione con Matteo Salvini. Al di là delle smentite di facciata, la premier – e anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani – hanno vissuto con sempre maggiore insofferenza il continuo ‘controcanto’ del vice premier leghista su Ucraina, dazi, difesa europea. Messaggi che, è l’opinione della premier, minano l’immagine di compattezza dell’esecutivo e anche la sua credibilità ai tavoli internazionali. “Aprire un canale di confronto con l’opposizione più responsabile e costruttiva – riflette un parlamentare di maggioranza – è anche un avvertimento recapitato alla Lega”.

Intanto la premier, che oggi non è stata a Palazzo Chigi, ha avuto un colloquio con il Commissario per i partenariati internazionali dell’Unione Europea Josef Sikela in visita in Italia. Tra i temi sul tavolo, lo sviluppo di collaborazioni ad ampio spettro tra l’Unione Europea e le nazioni del Vicinato meridionale e dell’Africa nonché le sinergie tra il Piano Mattei e la Strategia del Global Gateway dell’Unione Europea.

Ma soprattutto Meloni prepara la missione di giovedì a Parigi, quando parteciperà al vertice dei “volenterosi” convocato da Emmanuel Macron, presente anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come spiega l’Eliseo, in linea con l’iniziativa lanciata nella capitale francese il 17 febbraio e “come continuazione delle discussioni avviate con i nostri partner britannici” l’incontro “mirerà a identificare opzioni operative, a sostegno degli sforzi americani, per raggiungere una pace solida e duratura in Ucraina, nel rispetto degli interessi di sicurezza di ucraini ed europei”. Questo “includerà la discussione del rafforzamento immediato dell’assistenza all’Ucraina, di come attuare ed estendere un cessate il fuoco, delle modalità di sostegno a lungo termine per l’Ucraina e il suo esercito e delle garanzie di sicurezza necessarie per l’Ucraina”.

Le garanzie, in particolare, riguardano una missione di peace-keeping da schierare sul terreno in caso di un cessate il fuoco. Secondo una prima ipotesi, potrebbero esserci quattro linee di interposizione: la prima vedrebbe impegnati i caschi blu di Paesi non europei membri dell’Onu; la seconda sarebbe occupata dalle forze ucraine; la terza dai volenterosi. Agli Usa sarebbe assegnata una funzione di “backstop” oltre il confine. La premier si è sempre detta contraria a una missione europea, assicurando che l’invio di soldati italiani “non è all’ordine del giorno”, ma il coinvolgimento dell’Onu potrebbe essere decisivo per dare il via libera all’impegno italiano. Cosa che, comunque, non sarebbe facile far digerire a Salvini.