Naufragio Porticello, superare il doppio standard intorno alle disgrazie dei “potenti”.

Nell'affondamento del veliero scompare il tycoon britannico Lynch, dopo che giorni prima era morto in un incidente d'auto il numero due della sua azienda. Sullo sfondo il rapporto fra poteri forti e democrazia.

Il doppio standard di giudizio è forse ineliminabile dalla politica come dalle relazioni umane interpersonali. Riflette la “storicità” e dunque l’imperfezione dell’una e delle altre. Tuttavia, lo sforzo di ridurre il ricorso al criterio dei due pesi e due misure, sta alla base della democrazia, che riconosce l’uguaglianza formale dei cittadini e delle classi sociali. Tale tentativo è richiesto anche nelle relazioni internazionali, oggi più che mai, se l’Occidente intende instaurare un rapporto fondato sulla pari dignità con gli altri partners del multilateralismo e perseguire, come ha indicato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Settimana  Sociale di Trieste, una “cooperazione fra eguali”. Sapendo che la cosa che la “Maggioranza mondiale”, ovvero il numero di stati non occidentali, rappresentati all’Onu, più rimprovera all’Occidente è esattamente la tendenza a applicare il doppio standard di giudizio.

L’occasione per compiere un passo verso un tale necessario cambio di mentalità ci è offerta anche dalla cronaca.

Mentre la stampa occidentale dà sempre grande evidenza alle morti strane e premature di personaggi di primo piano del sistema di potere russo, o alle cicliche purghe in seno alla nomenklatura cinese, non altrettanto avviene quando il redde rationem sembra scatenarsi all’interno di quella che si potrebbe definire quasi l’oligarchia occidentale, tra i detentori del potere vero, effettivo, che travalica, e purtroppo spesso giunge addirittura  a dirigere, quello formale, istituzionale e democratico.

Ne è una riprova la recente tragedia di Porticello, in provincia di Palermo, dove il maestoso veliero Bayesian, marchio Perini, il numero uno al mondo degli yacht a vela di lusso, è affondato in pochi secondi nel porto in tempesta, pur essendo un’imbarcazione concepita per affrontare le più avverse condizioni climatiche in ogni tipo di mare e di oceano.

L’incidente, com’è noto, è costato verosimilmente la vita (anche se al momento risultano ancora “dispersi”) al tycoon britannico Mike Lynch, al presidente di Morgan Stanley International Jonathan Bloomer, al legale di Lynch, Chris Morvillo, con cui il miliardario britannico aveva vinto la causa intentata da Hewlett-Packard per frode nella acquisizione dell’azienda fondata dallo stesso Lynch, la Autonomy, società strategica per l’intelligenza artificiale, i big data, il monitoraggio delle preferenze degli utenti della rete. Quindi, di interesse strategico e di sicurezza quantomeno per Gran Bretagna e Stati Uniti. Per una singolare coincidenza anche l’altro coimputato eccellente con Lynch nella medesima causa, Stephen Chamberlain, è morto per una disgrazia sabato scorso, investito da un’auto pirata mentre faceva jogging nei pressi della celebre città universitaria di Cambridge.

Cosa può  dirci questa vicenda? Senza indulgere al complottismo, e aspettando l’esito delle indagini, una cosa credo si possa affermare. Le sfortunate coincidenze che a volte mietono vittime tra le figure chiave del potere, sembrano accanirsi in egual misura a Est come a Ovest, pur in presenza di sistemi politici molto diversi e per molti aspetti non comparabili. La consapevolezza di ciò può aiutare a conciliarci con il cambiamento  d’epoca in corso, attraverso cui il mondo evolve inesorabilmente verso un ordine globale multilaterale.

E può anche aiutarci a mettere a tema, con equilibrio e prudenza, un aspetto che sembra incidere in misura rilevante sulla attuale crisi della democrazia. Ovvero, quello dei cosiddetti “poteri forti” i quali quando oltrepassano il loro legittimo ruolo di componente essenziale allo sviluppo armonico di una comunità nazionale o internazionale, e tentano di porsi al di sopra dei meccanismi democratici di legittimazione del potere, finiscono per rischiare di svuotarli della credibilità necessaria nei confronti del corpo elettorale.