Nell’Europa degli anni ‘80 la minaccia del terrorismo: destabilizzazione globale.

In ricordo di Sassoli, il Presidente dell’Europarlamento scomparso due anni fa (11 gennaio), riproponiamo questo suo articolo pubblicato sulla rivista “Politica” (n. 1 - 15 marzo 1985) diretta da Remo Giannelli.

Sulle sconfitte subite tra il ’77 e l’80 il terrorismo si è riorganizzato. Nell’Europa dei dissidi e del disaccordo politico-economico tra gli stati, l’unità d’azione delle organizzazioni eversive lancia una sfida senza precedenti che rischia di minare la credibilità dei governi e la sicurezza della nazioni. Una eversione molto cambiata rispetto al passato, con caratteristiche meno raffinate ma non per questo meno pericolose, si fa largo attraverso una strategia del terrore che conta nelle ultime settimane oltre quaranta attentati.

Il fenomeno si presenta con connotazioni nuove: molto post-ideologico, si confonde, nelle stesse accezioni di «destra» e di «sinistra», in fitti reticoli nei quali anche il grande business della malavita organizzata e gli stessi servizi segreti si inseriscono con successo. Decifrare la strategia del terrore è impresa ardua. Lo stesso documento programmatico, diramato il 15 gennaio scorso congiuntamente dalla tedesca Rote armee fraktion (Raf) e dai francesi di Action directe (Ad), nel quale si parla esplicitamente della costruzione di un «fronte politico militare», mette in luce consistenti variazioni dalla linea seguita nel passato.

L’antico terzaforzismo, che si esprimeva prendendo le distanze «dall’imperialismo e dal social-imperialismo» (1979), oggi viene sovrapposto da obiettivi che dimostrano una precisa «scelta di campo».

L’Alleanza atlantica è diventata, infatti, l’obiettivo sul quale si è concretizzata l’unità delle «bande armate» di sinistra dell’Europa occidentale, testimoniando le mutazioni intervenute nella linea e nella strategia. Sull’onda degli attentati, che negli ultimi mesi si sono verificati in molti paesi europei, al Dipartimento di Stato USA già parlano, trattando del fenomeno, «di moderno strumento di guerra» (George Schultz), di guerra surrogata che potrebbe essere contrastata anche con l’impiego di forze militari.

Per Brian Jenkins, esperto statunitense, nell’evoluzione del terrorismo è possibile intravedere una sorta di tendenza che lo assimila alle moderne «società di servizi», che per sopravvivere si mettono a disposizione del miglior offerente. Si tratterebbe, in sostanza, di una eversione piú facilmente «usabile» e più duttile. Un terrorismo, nella riflessione di Jenkins, valido per usi differenziati e per questo con protezioni di livello. Le ipotesi sono molteplici. L’Europa vive una stagione di terrore, nella quale obiettivi «mirati» e stragi indiscriminate sembrano appartenere ad un disegno di destabilizzazione globale.

Finora, delle note organizzazioni terroristiche europee, solo le Brigate rosse hanno disertato l’appuntamento con l’attentato. Il dibattito interno alle B.R., da sempre all’avanguardia del terrorismo politico continentale, può essere utile e significativo per tentare di capire dall’interno il dibattito strategico-ideologico del terrorismo europeo. Nelle trentun cartelle dattiloscritte, trovate nel covo parigino dove il14 dicembre scorso vennero arrestati sette latitanti italiani, ci sono molti elementi utili alla riflessione. Intitolato «il nostro processo rivoluzionario», lo scritto rivela di una spaccatura avvenuta all’interno dell’organizzazione sulla conduzione della lotta armata e sul «profondo contrasto politico» in corso tra due fazioni di militanti. Il dibattito, che ha una maggioranza e una minoranza, si snocciola sui tempi della lotta.

Per i «vincenti», la guerra dev’essere di lunga durata, progressiva, con tempi ed obiettivi precisi. I fautori di questa tesi sostengono, inoltre, che la lotta armata è il mezzo per costituire un contropotere efficace nei confronti della «controrivoluzione preventiva» adottata dalle borghesie occidentali per circoscrivere il dissenso. In questa posizione, si evidenzia la continuità con i «vecchi» programmi brigatisti: far divenire la lotta armata progressivamente una spina al fianco del sistema. Per i «perdenti», al contrario, esiste la possibilità immediata dell’insurrezione, evitando il «gradualismo» del passato e sollecitando le masse alla rivolta.

Il documento è certamente una fonte ricca per comprendere le mire dell’internazionale del terrore e le probabili diversità tra il «terrorismo mirato» e quello delle stragi.

Tra le altre annotazioni c’è da rilevare che i «perdenti» sarebbero gli anziani militanti, compresa la maggioranza della direzione strategica, e che la scoperta dello scritto a Parigi pone inquietanti interrogativi sulla sede della centrale brigatista.

Lotta armata di lunga durata e progetto insurrezionale, sembrano confrontarsi a distanza, al di là dei documenti. Lo fanno con le armi e gli attentati in aumento vertiginoso.

Poco prima di mandare in macchina questa nota, l’assassinio dell’industriale greco, Monferratos, e l’attentato ai grandi magazzini parigini Marks & Spencer, sembrano il segno delle differenziate strategie che concorrono ad alimentare e a sostenere proprio l’euroterrorismo.

 

 

Titolo originale: Terrorismo a due marce.

Sottotitolo: Nella ripresa del terrorismo europeo, oltre ad elementi della malavita organizzata, convivono due strategie diverse, che si contendono la supremazia a furia di attentati e di stragi.