Un intervento denso di preoccupazione e senso di responsabilità istituzionale quello di Marco Bisogni, consigliere togato del CSM in quota Unità per la Costituzione, intervenuto durante il Plenum per commentare la delibera dedicata agli effetti del Pnrr sul sistema giustizia.
Unicost, corrente moderata della magistratura associata, è nata per difendere l’autonomia e la professionalità dei magistrati in un quadro di equilibrio tra poteri dello Stato. Si colloca tra le posizioni più istituzionali dell’Associazione nazionale magistrati, opponendosi tanto all’attivismo ideologico quanto all’inerzia burocratica.
Il Pnrr non è solo una corsa agli indicatori
“Il testo che oggi [ieri per chi legge, ndr] portiamo al Plenum è un atto di responsabilità istituzionale rispetto a un’impostazione che ha trattato il Pnrr e suoi obiettivi solo come una questione di indicatori da raggiungere e non come il punto di arrivo di riforme strutturali, durature, capaci di incidere realmente sul sistema giustizia”, ha detto Bisogni.
Pur riconoscendo i risultati ottenuti – come la riduzione dei procedimenti pendenti – il consigliere ha sottolineato che “altri, come la riduzione del 40% della durata del processo civile, imponevano l’adozione di riforme strutturali”. E queste riforme, almeno per ora, restano in gran parte sulla carta.
Magistrati in meno, carichi in aumento
La fotografia scattata da Bisogni è impietosa: “Le carenze nell’organico della magistratura sono aumentate dal 2019 al 2025, passando dall’11,35% a oltre il 17%, con 1.817 magistrati mancanti”. A ciò si aggiungono vuoti pesantissimi nel personale amministrativo, con scoperture attorno al 40% degli organici.
Da qui la proposta di “una revisione della geografia giudiziaria”, che possa accorpare le sedi più piccole e rafforzare quelle più attrezzate, puntando su specializzazione e rapidità nella gestione del contenzioso.
Riforme, sì. Ma servono mezzi e volontà politica
Nonostante i limiti, alcuni strumenti hanno funzionato. L’Ufficio per il processo, ad esempio, ha prodotto risultati tangibili ma soffre per la precarietà degli addetti. Il CSM, da parte sua, ha cercato di compensare con strumenti informativi, linee guida e tavoli tecnici.
“Oggi – ha concluso Bisogni – ci facciamo carico di individuare un ulteriore pacchetto integrato di misure, strutturali ed emergenziali, che possano rendere realisticamente raggiungibile l’obiettivo della riduzione dei tempi del processo civile entro il 2026. Ma gli strumenti organizzativi ed emergenziali che oggi votiamo, per quanto coraggiosi e puntuali, non si autosostengono.
Richiedono un supporto operativo, logistico e normativo negli uffici giudiziari, che solo il Ministero può e deve garantire. La giustizia non può reggersi solo sulla buona volontà dei magistrati.
Questa delibera non è un gesto tecnico, non è una approvazione politica all’attività o all’inattività del Ministero e non è nemmeno un favore. È una presa in carico. Per il Paese”.