Ha ragione Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, nel valutare fragile l’equilibrismo della Meloni tra Bruxelles e Washington. La scelta va fatta e, come dice stamane a Repubblica, “non potrà che essere pro Europa”. Invecesemore stamane, in una lunga intervista al Corriere della Sera, Ursula von der Leyen sfodera un giudizio diplomatico: “Conosco Giorgia Meloni come leader forte e appassionata, con un ruolo molto importante a livello europeo, ed è positivo che abbia un rapporto diretto. Più legami ci sono tra le due sponde dell’Atlantico, meglio è”. Sta di fatto che non appare convincente il tentativo della Presidente del Consiglio di porsi come mediatrice tra le due sponde dell’Atlantico.
Le dichiarazioni rese ieri al Financial Times mettono in evidenza un atteggiamento aggressivo e debole al tempo stesso. Infatti, nel mentre bolla come insensate le critiche di ambiguità che l’opposizione le continua a rinfacciare rispetto alle tensioni nelle relazioni euroatlantiche, si rivela a riguardo una chiara e forte predilezione per gli Usa guidati dal tycoon. Non esita infatti a condividere la ‘Weltanschauung’ trumpiana. “Devo dire che sono d’accordo” con le parole del vicepresidente J.D. Vance, quando afferma che l’Europa ha abbandonato il suo impegno per la libertà di parola e la democrazia.
Va precisato che nell’intervista si fa riferimento alle parole pronunciate da Vance a Monaco, quasi un mese fa, ma nel frattempo il vicepresidente Usa ha anche definito “scrocconi” gli europei in tema di difesa, ricevendo peraltro l’approvazione dello stesso Trump, che aveva rincarato la dose parlando di “parassiti”. E precisa sempre al Financial Times che “l’Europa si è un po persa”, aggiungendo che le critiche dell’amministrazione Usa all’Europa non sono rivolte al suo popolo, ma alla sua “classe dirigente… e all’idea che invece di leggere la realtà e di trovare modi per dare risposte alle persone, si preferisca imporre la propria ideologia”.
Molto severe le critiche delle opposizioni, in particolare quelle dell’area centrista. “Meloni pensa di costruire un rapporto con gli Usa diverso da quello che può costruire l’Europa, la Germania o la Francia, ma penso che sia una grande illusione”, afferma Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera. Non diverso il giudizio di Enrico Borghi: “Giorgia Meloni – secondo il vicepresidente di Italia Viva – doveva e poteva diventare la Merkel europea, trasformandosi in leader conservatrice moderna, ma rompe con l’Europa sul tema fondamentale della difesa europea e si ritrova ad essere una modesta Orban al femminile”.
Insomma, se pensava di chiudere una falla con la battuta sulle “critiche infantili” alla sua politica basculante, molto enfatica nel rivendicare serietà e realismo nella postura della destra, in realtà si ritrova a fronteggiare le accuse di ambiguità che montano giorno dopo giorno nei commenti sulla grande stampa di opinione. E nel frattempo, con la dialettica non solo infantile ma anche deleteria tra Salvini e Tajani, la politica estera del governo rischia di apparire come il classico vestito di Arlecchino. Con grande scorno per il Paese.