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Northvolt, fallisce la casa svedese cruciale per l’Ue sulle batterie

Roma, 12 mar. (askanews) – Fallisce definitivamente Northvolt, una iniziativa su cui l’Europa aveva puntato molto per le batterie degli autoveicoli. Dopo aver già presentato istanza di fallimento per le attività negli Stati Uniti (lo scorso novembre) e dopo aver tentato per mesi di trovare altri appoggi, la società ha portato i libri contabili al tribunale fallimentare anche nella madrepatria Svezia.

Fondata nel 2016, Northvolt, secondo quanto riporta il Financial Times, era riuscita a richiamare investimenti per 15 miliardi di dollari sia dal pubblico che dal privato.

Soprattutto era ritenuta una iniziativa chiave nella Unione europea per recuperare terreno sui sistemi per le auto elettriche, rispetto alle case statunitensi e soprattutto su quelle cinesi.

Era appoggiata da giganti dell’auto e della finanza come Volkswagen, Volvo, Scania, Goldman Sachs e Blackrock. E nonostante questo ha dovuto riferire di non essere in grado di ottenere sostegno sufficiente per restare in piedi. L’annuncio della nuova istanza di fallimento è stato diramato dal presidente ad interim, Tom Johnston.

Dopo la procedura fallimentare negli Usa, Northvolt aveva cercato di tenersi a galla avviando una serrata serie di incontri con oltre 100 potenziali investitori per raccogliere 1 miliardo di dollari, con cui tenere in piedi l’unica fabbrica di batterie effettivamente esistente, allestita in una cittadina nell’estremo nord della Svezia, Skelleftea.

Il quotidiano finanziario ricorda che una sua precedente indagine sul gruppo aveva rivelato come Northvolt avesse cercato di aprire contemporaneamente sei fabbriche, mentre i dipendenti riferivano problemi sulla gestione, sugli standard di sicurezza e sull’eccessiva dipendenza da forniture cinesi.

Il fallimento si produce mentre l’Unione europea continua a mantenere i pressanti obiettivi che si è auto imposta sull’elettrificazione del settore dell’auto. L’unica mitigazione ad oggi è stata quella di spalmare su tre anni (2025-2027) il periodo in cui raggiungere livelli vincolanti sulle immatricolazioni di auto a zero emissioni, in modo da non far scattare da subito multe multimiliardarie che avrebbero colpito le case europee.

È stato anche deciso di anticipare di qualche mese la procedura di revisione delle modalità per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, che tuttavia sono state tutti confermati, tra cui quello di zero emissioni nette che di fatto implica nel 2035 la messa al bando dei propulsori endotermici alimentati con benzina o diesel tradizionali.

Una linea su cui l’Ue tira dritto, a dispetto di alcuni tentativi di revisione da parte di alcuni Paesi, e che a livello pratico ha avuto effetti molto negativi proprio per il comparto automobilistico europeo, che aveva quasi il predominio globale sul diesel ed era all’avanguardia sui motori a benzina, mentre era rimasto indietro su sistemi ibridi e ancor più su propulsori elettrici rispetto a Giappone, Stati Uniti e Cina, che invece si stanno avvantaggiando dalle scelte Ue.

Al punto da spingere sempre Bruxelles a considerare dazi sulle importazioni di elettriche e relativa componentistica dalla Cina, la cui produzione in questo campo si ritiene sia pesantemente sovvenzionata dallo Stato. A esacerbare ulteriormente il quadro, il fatto che negli Stati Uniti la nuova amministrazione Trump abbia fatto tabula rasa delle precedenti politiche pro elettrico sull’auto. (fonte immagine: Northvolt).