Notre Dame, la cattedrale di Parigi, nuovamente piena di luce, riapre le sue porte e accoglie una folla straordinaria, tra cui 40 capi Stato. È il 7 dicembre 2024. Tutta Parigi la sta guardando. E con Parigi anche l’Europa e il mondo intero. Notre Dame torna centrale. E non solo come uno degli edifici più significativi d’Europa. Quella cattedrale è anche un pressante invito al cristianesimo europeo (istituzioni, comunità, clero, laici) perché riscopra la sua responsabilità verso l’Europa. E non solo.
Notre Dame – tempio di straordinaria importanza storica e artistica – per secoli è stato punto di riferimento spirituale tra i più alti del cristianesimo in Europa, testimone di una storia secolare religiosa, civile e politica. Ripristinata e resa ancor più attraente, rappresenta non solo un atto di opposizione alla perdita di rilevanza del cristianesimo nella modernità, ma anche una spinta per la rinascita di un ruolo primario del cristianesimo nell’ecumene civile. Con Notre Dame restaurata si riconsegna alle nuove generazioni un’eredità spirituale, culturale e simbolica: resta un luogo in cui l’eterno incrocia la storia.
Andrea Riccardi, dopo l’incendio di Notre Dame, narrando la difficile condizione della Chiesa nel mondo contemporaneo, ha usato le fiamme della cattedrale come metafora del cristianesimo contemporaneo: “La Chiesa brucia?”. In quelle fiamme si manifestava simbolicamente la crisi del cattolicesimo di questo inizio di millennio: che non appare più rilevante nella vita dei popoli europei (e nemmeno fuori dell’Europa).
Eccola restaurata! La concordia planetaria per la ricostruzione di Notre Dame non è forse un indice dell’interesse – del bisogno? – che la comunità globale avverte di un “luogo sacro”? L’arcivescovo di Parigi, monsignor Laurent Ulrich, nel riaprire le porte della cattedrale, significativamente, affermava: «Notre-Dame riapre le sue porte per riunirci. Ci iscriviamo in una lunga catena umana che non cessa di trovare rifugio in questo luogo. I fedeli, i pellegrini e i visitatori che convergono qui annunciano la realizzazione del disegno di Dio che vuole l’unità dei suoi figli sparpagliati». E in effetti le porte le ha riaperte per tutti, subito, quel giorno stesso. E il giorno dopo i pellegrini hanno ripreso la visita. E sono già milioni che si recano per ammirare il nuovo splendore di quell’antico “luogo santo”. La cuspide piantata nel cielo sembra portare in alto la storia della città indicandone la destinazione: che, per tutti, è la “città santa” di cui parla l’Apocalisse (cfr Ap 21, 1-2). Il presidente Emmanuel Macron, in quella stessa giornata, aggiungeva: “La cattedrale è la metafora di quello che è una nazione e che potrebbe essere il mondo: fratellanza e collaborazione. La cattedrale insegna che c’è un modo per realizzare insieme l’impossibile”.
Eccola restaurata e viva! Ed anche più splendente e lucente. I grandi della terra, avvolti dalla solenne liturgia, sono stati come rapiti in un “oltre” che li supera. Tutta Parigi ne è coinvolta. Certo, la città è cambiata molto, e da decenni. È finito il tempo della cristianità. Ma la cattedrale è ancora lì. Il modo intero che aveva tremato per l’incendio distruttore, ora la contempla, rapito, per la sua carica simbolica. È vero, non è più il riferimento di una Chiesa che vantava egemonie. Ma non per questo ha perso di attrattiva. Il “sacro” ancora presente nella vita della gente trova congeniale Notre Dame restaurata. Che, seppure la Chiesa non regola più la vita della società, resta un riferimento alto.
Siamo dentro un altro tempo che chiamiamo “post-secolare”. E Notre Dame che apre a tutti le sue porte, raduna gli uomini in una singolare e inattesa “communitas”, mentre fuori la società sembra smarrita, sicché la communitas riesce tanto più gradita. Notre Dame è lì, “seducente” e “divina”, forse non più per imporre la fede e la sua autorità, ma per offrire comunque ad una umanità spaesata un rifugio, un presidio. Quella folla di uomini e di donne, di storie, di culture e di fedi diverse, raccolta sotto le volte della cattedrale, sembra invocare aiuto e speranza. L’Europa manifesta il bisogno della cattedrale, del cristianesimo, della promozione di un umanesimo nuovo che salvi la società da un triste e pericoloso nichilismo.