Uriel Demirdjian
L’esperto di Regno Unito, Christophe Gillissen, ragiona sulla débâcle dei conservatori nelle elezioni legislative e su cosa potrebbe cambiare con l’arrivo al potere del partito laburista.
Una vittoria storica, quella registrata oltre Manica. Il Partito Conservatore, al potere da quattordici anni, è stato ampiamente sconfitto dal Labour nelle elezioni parlamentari britanniche del 4 luglio. La sinistra, il cui leader Keir Starmer è un ex avvocato per i diritti umani, guadagna così la maggioranza assoluta nel Parlamento britannico, con 412 seggi su 650, cosa mai vista prima del maremoto di Tony Blair nel 1997. I conservatori, guidati da Rishi Sunak, si piazzano al secondo posto, con soli 121 seggi, accusando perciò una perdita di 250 deputati rispetto alle ultime elezioni del 2019.
Un altro segnale importante che viene dal voto: il partito di estrema destra anti-immigrazione e pro-Brexit, il Reform UK di Nigel Farage, fa il suo ingresso per la prima volta alla Camera dei Comuni.
Intervista a Christophe Gillissen, professore di civiltà britannica e irlandese all’Università di Caen.
Quali sono i principali insegnamenti che si possono trarre da queste elezioni parlamentari?
I conservatori hanno subito una battuta d’arresto assolutamente senza precedenti. Mai nella loro lunga storia di quasi due secoli – e forse anche di trecento anni secondo alcuni storici – avevano subito una sconfitta così dura. Hanno profondamente deluso gli inglesi. Questo a causa della Brexit, un progetto portato avanti dai conservatori – in particolare dall’ex primo ministro Boris Johnson -, che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi. Infatti, doveva essere l’inizio di una nuova età dell’oro nel Regno Unito, ma è stato l’esatto contrario: difficoltà economiche, restrizione delle libertà di movimento in Europa, perdita di influenza britannica nel mondo…
E poi è esplosa anche una crisi all’interno del partito stesso. Tra dirigenti e quadri, molti conservatori poco favorevoli alla Brexit sono stati esclusi. Ci si è ritrovati con dirigenti che non disponevano di adeguate capacità nella gestione degli affari pubblici. L’esempio più eclatante? Liz Truss, primo ministro per meno di cinquanta giorni nell’autunno 2022, ha devastato l’economia britannica. Una serie di scandali hanno fatto il resto. Boris Johnson è finito sotto accusa della giustizia britannica a causa delle feste organizzate a Downing Street durante il lockdown. È stata la prima volta per un primo ministro in carica. L’ora del conto è arrivata, ed è severa.
Quale futuro si può immaginare per i Tories?
La prima fase sarà di estrema brutalità, di resa dei conti, di tentativi di prendere il potere, di tensioni abbastanza forti così da imporre una svolta a destra, con una maggiore radicalità, o al contrario per andare più verso il centro. È in gioco il futuro dei conservatori. Se il periodo di introspezione va male, la fine dei Tories potrebbe essere inevitabile. Bisogna anche considerare che si ritrovano con 120 deputati, un numero straordinariamente basso. Già nel 1997, dopo essere stati al potere per diciotto anni, avevano subito una terribile sconfitta e quindi erano rimasti all’opposizione fino al 2013. Adesso rischiano di rimanere all’opposizione per almeno un decennio.
È anche una vittoria storica per il Labour?
È certamente un risultato eccezionale in termini di maggioranza parlamentare. Solo Tony Blair nel 1997 aveva fatto meglio. Ma bisogna valutare tutti i risvolti. I laburisti hanno raccolto solo il 34% dei voti, il che è molto poco. Non avranno diritto all’errore. Quello che alla fine è successo è che gli elettori conservatori sono fuggiti dal loro partito. Tony Blair era un leader con un carisma per molti aspetti eccezionale, invece Keir Starmer non possiede carisma e il suo programma non ha suscitato entusiasmo.
Il risultato di Reform UK costituisce una sorpresa?
Sì e no. Il dato è colossale, visto che parliamo di più del 14% dei voti. Ma nel sistema elettorale britannico, i piccoli partiti hanno difficoltà a sfondare in Parlamento. Si ritrovano con quattro posti. Non è molto chiaro quale sia il progetto di Nigel Farage, poiché si concentra unicamente sulla denuncia del fenomeno immigrazione. Ciò non avrà necessariamente influenza sul futuro, ma intanto per i conservatori sarà un fattore di complicazione.
[Traduzione a cura della redazione]
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