Roma, 5 ago. (askanews) – L’ennesima offensiva nella Striscia di Gaza, questa volta con l’obbiettivo di una totale occupazione: Benjamin Netanyahu – a quanto riporta la stampa israeliana – sarebbe deciso a rilanciare l’opzione militare relegando in un secondo piano il negoziato per la liberazione degli ostaggi (il cui successo viene ritenuto improbabile).
Un piano che verrà discusso oggi nella riunione ristretta del gabinetto di sicurezza ma che suscita la perplessità degli analisti, di almeno una parte dell’opinione pubblica e – aspetto non secondario – dei vertici militari nella persona del capo di stato maggiore dell’Idf, Eyal Zamir.
I primi si chiedono infatti perché gli esiti di questa offensiva dovrebbero differire da quelli di tutte le altre, che non hanno portato né alla sconfitta di Hamas né alla liberazione degli ostaggi, nonostante l’accordo firmato con la mediazione statunitense e successivamente violato.
La stessa domanda se la pone l’opinione pubblica, in cui cresce il peraltro non infondato sospetto che al governo della sorte degli ostaggi importi assai meno della propria sopravvivenza e che i proclami di riportarli a casa “vivi o morti” sia da intendersi in maniera letterale.
Quanto all’Idf, i vertici militari registrano la stanchezza delle truppe e la carenza di riservisti, e preferirebbero di gran lunga una soluzione negoziata o, se questa non fosse possibile, un assedio statico delle zone in cui Hamas mantiene un certo livello di attività, il che permetterebbe di ridurre il numero di effettivi al fronte.
Per tutti questi motivi la riunione di oggi promette di essere una sorta di resa dei conti fra l’ala “messianica” dell’esecutivo, con in testa i ministri della Sicurezza e della Finanze, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, e i comandi dell’esercito – sostenuti dalla parte meno intransigente del governo, come il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar. Ad aprire il fuoco della retorica su X è stato proprio Ben-Gvir, che ha ricordato come i militari debbano obbedire alla dirigenza politica senza fare commenti; Sa’ar ha ribattuto osservando come il capo di stato maggiore abbia tutto il diritto di presentare la propria opinione professionale, anche se dissenziente. Uno scambio verbale che implica una frattura piuttosto profonda, se anche il titolare della Difesa, Israel Katz, è intervenuto nel dibattito per garantire che le forze armate applicheranno con professionalità quando disposto dai vertici politici.
I quali vertici peraltro, va ricordato, provengono in massima parte dagli alti ranghi dell’Idf e appartengono sostanzialmente alla stessa sfera: non si tratta quindi di una divergenza fra civili da una parte e militari dall’altra, quanto di quale sia la strategia migliore per ottenere il massimo risultato con le risorse operative attualmente disponibili.
In tutto questo la decisione ultima spetta a Netanyahu, il quale – sempre secondo le voci di stampa – avrebbe già invitato il generale Zamir alle dimissioni: e la preoccupazione principale del premier rimane il suo futuro politico, a questo punto legata a doppio filo a quella del suo esecutivo. Di qui il tentativo di licenziare la Procuratrice generale – che supervisiona il processo per corruzione a carico di Netanyahu – o di far approvare una legge che permetta agli ultraortodossi di continuare ad evitare il servizio di leva.
Soprattutto, concludono gli analisti, di prolungare il più possibile il conflitto – malgrado le crescenti pressioni internazionali e finché dura l’appoggio dell’alleato statunitense – per evitare quella che per lui potrebbe essere la vera resa dei conti: le effettive responsabilità del 7 ottobre 2023 e lo spettro di una condanna penale.